La fontana delle Tartarughe fra arte, storia e leggenda

 

 

di Alessandro Venditti

La fontana delle Tartarughe sorge al centro di piazza Mattei. E’ un piccolo capolavoro d’arte rinascimentale, opera dello scultore fiorentino Taddeo Landini, che ne ricevette l’incarico dal Comune nel 1581. Dai documenti capitolini veniamo a sapere che la fontana doveva essere alimentata con l’Acqua Vergine. Originariamente destinata alla vicina piazza Giudea, venne posta dove oggi la vediamo, a condizione “che il signor Mutio Matthei si obblighi a far mattonare” la piazza antistante il suo palazzo“a sue spese et tener netta la fonte”. Disegno e direzione dell’opera sembra, invece, siano dovuti a Giacomo della Porta.

Sicuramente del Landini sono i quattro eleganti efebi nudi di bronzo che poggiano un piede su altrettanti piccoli delfini, dalla cui bocca esce l’acqua che si va a raccogliere nelle sottostanti conchiglie di portasanta. I sinuosi efebi alzano un braccio fin quasi all’orlo di una vasca superiore, alla quale dovevano accostare quattro delfini, puntualmente realizzati dallo scultore toscano, ma “dirottati” a Campo de’ Fiori, alla fontana detta “Terrina”, in seguito spostata davanti alla Chiesa Nuova. Inutile cercarvi i delfini: sono spariti e non si sa che fine abbiano fatto.

Gli efebi di piazza Mattei rimasero “a mani vuote” fino al 1658, quando la fontana venne restaurata per volere di Alessandro VII. Da allora reggono quattro tartarughe di bronzo, probabilmente opera di Gianlorenzo Bernini. Le tartarughe, però, non hanno avuto una vita tranquilla. Nel corso degli anni, sono state rubate numerose volte, ma sempre ritrovate. A quanto pare, l’ultima scomparsa risalirebbe al 1944: in quell’occasione fu uno straccivendolo romano a riconsegnarle in Campidoglio.

Nel catino superiore, di marmo bigio africano l’acqua zampilla verso il basso uscendo da quattro teste di putti.

Sulla fontana circola una curiosa leggenda, che ha per protagonista un duca Mattei. Questi, dopo aver perso tutto il suo denaro al gioco, era venuto a sapere che il suo futuro suocero non aveva più intenzione di fargli sposare la figlia. Perciò lo invitò ad una festa nel palazzo di famiglia e lo intrattenne piacevolmente per tutta la notte. La mattina lo fece affacciare da una finestra su piazza Mattei, dove la sera prima non c’era nulla, e gli fece ammirare la splendida fontana, dicendogli: “ecco cosa può fare in una notte lo squattrinato Mattei!”. Il suo nome ed il suo prestigio, infatti, gli davano un credito illimitato. Inutile dire che le sospirate nozze si celebrarono, anche se si vuole che da quel giorno il Mattei abbia fatto murare la finestra, ancor oggi chiusa.


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