L’edificio fu costruito nel 1885 dall’architetto Ettore Bernich

All’Acquario Romano non soltanto i pesci

Concepito dall’ittiologo Pietro Carganico, per oltre novant’anni fu adibito agli usi più disparati. Attualmente è la Casa dell’Architettura

di Antonio Venditti

 

A Pietro Carganico si deve l’idea di costruire uno stabilimento di piscicultura e un acquario nella Capitale. Nel 1882 il Consiglio Comunale gli diede gratuitamente la parte centrale di piazza Manfredo Fanti all’Esquilino. La concessione dell’area prevedeva, oltre alla restituzione al Comune del terreno con i fabbricati costruiti qualora l’attività non si fosse rivelata produttiva, anche la realizzazione in tempi brevi della costruzione.

Il progetto dell’Acquario e del suo giardino si devono a Ettore Bernich, che si ispirò all’architettura classica combinandola con le tipologie moderne.

L’edificio fu terminato alla fine del 1885, ma l’inaugurazione avvenne nel maggio 1887.

Durante questo periodo il Carganico venne estromesso dalla iniziativa e la gestione passò alla Società Anonima Acquario Romano che dopo alcuni anni fallì, per cui il Comune tornò alla fine del 1891 ad essere proprietario del terreno. La gestione della struttura rivelò subito non poche difficoltà per il Comune, che dovette far fronte a numerose opere di manutenzione.

Dal 1893 al 1900 l’edificio rispose agli usi più svariati. La sala centrale e le gallerie vennero adibite per esposizioni vinicole, alimentari, artistiche, per assemblee, riunioni, concorsi pubblici e palestre per le scuole del quartiere.

Gli Uffici Comunali nel 1895 elaborarono un progetto per la sua trasformazione in stabilimento di bagni pubblici, ma si pensò anche di restituire l’Acquario alla sua originaria destinazione. Le trattative avviate nello stesso 1895 con Decio Vinciguerra, già direttore dell’Acquario e poi della R. Stazione di Piscicultura, si conclusero nel 1900 con una convenzione stipulata con il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, che non ebbe il riscontro atteso.

Alla fine del primo decennio del nuovo secolo l’Acquario era divenuto una sala di spettacoli popolari: ospitò Ettore Petrolini e Raffaele Viviani, operette e spettacoli di varietà.

Fino all’inizio degli anni ’20, l’Acquario fu usato come teatro, sala cinematografica e a volte circo equestre. Nel 1930 già da tempo era adibito a magazzino del Governatorato e del Teatro dell’Opera. Negli anni successivi si pensò persino di demolire l’edificio, considerato una "bruttura", oppure di utilizzarlo come stazione per le linee automobilistiche che collegano Roma con i paesi del Lazio e dell’Abruzzo. Non si escluse nel 1940 la possibilità di destinarlo a cinema teatro con ristorante e taverna.

L’edificio continuò ad essere usato come magazzino e sede di uffici elettorali, del tesseramento, ospitò materiale dell’Ente Assistenza Roma e quello scenico del Teatro dell’Opera. Alla fine del 1984 venne sgomberato per i lavori di recupero promossi dal Comune di Roma.

Il giardino conserva poche testimonianze del suo aspetto originario. Il percorso principale, in asse con il prospetto dell’edificio, era segnato da un vialetto e da due ponticelli rustici che servivano per passare sopra il piccolo specchio d’acqua. L’ingresso, sul lato di via Cattaneo, era annunciato da una piccola costruzione monumentale con un portico, successivamente demolita.

La parte principale del laghetto circondava anche i resti delle mura serviane ed una parte del rudere a pianta quadrata.

Sul fronte dell’edificio sotto le due rampe di scale è ancora visibile una parte della fontana originale, concepita come una grotta. Un piccolo ruscello d’acqua, destinato all’allevamento dei pesci, correva lungo le parti laterali e quella posteriore dell’edificio e comunicava con i locali del sotterraneo dove si trovavano alcuni vasconi.

All’esterno si percepisce subito la monumentalità dell’edificio: un corpo cilindrico a base ellittica unito a un avancorpo di ingresso con arco a nicchione. L’accesso avviene attraverso due rampe di scale simmetriche del podio antistante l’avancorpo. Il corpo cilindrico ha un doppio ordine di semicolonne con capitello dorico e paraste corinzie che cadenzano lungo il perimetro le finestre. L’effetto monumentale è sottolineato anche dagli aggetti e dall’uso del bugnato rustico.

L’avancorpo presenta una ricchissima decorazione ispirata a temi acquatici. Ai lati del nicchione centrale sono poste due edicole ornate con sculture in stucco trattato a finto bronzo, raffiguranti a destra "La Pesca" e a sinistra "La Navigazione". Alla "Pesca" si ispirano i due tondi a rilievo che sormontano le edicole, inquadrati da due cariatidi.

Il fregio della cornice di coronamento con i due delfini con il tridente si riallaccia a quello delle terme di Agrippa al Pantheon. A coronamento dell’attico è posto un gruppo realizzato in malta raffigurante il carro di Venere trainato da un tritone e una nereide.

La finitura superficiale dell’esterno dell’edificio è ad intonaco dipinto a finto travertino, con alcune parti della zoccolatura, del podio e della balaustra in travertino.

All’interno, l’atrio ha il compito di introdurre alla spettacolarità della sala centrale. Le statue nelle nicchie, in gesso dipinto con porporina, si ispirano a modelli antichi. Interessanti le pitture poste simmetricamente sulle pareti laterali, sopra le porte di accesso al corridoio anulare. Quella di destra, raffigura l’esterno dell’Acquario, mentre quella di sinistra riproduce il Monumento a Vittorio Emanuele II.

La sala centrale, ricca e spettacolare, è scandita da un doppio ordine di colonne corinzie in ghisa che sostengono la galleria superiore e il soffitto, a cui corrisponde lungo i muri perimetrali un doppio ordine corinzio di semicolonne e paraste. Al piano terra erano vasconi in muratura decorati da rocce, delimitati da una vetrina nell’apertura della sala centrale e costruiti nello spazio retrostante del corridoio anulare.

La copertura della sala era costituita da una controsoffittatura semivoltata, dipinta da Giuseppe Toeschi, che si raccordava all’apertura del lucernario centrale, oggi in parte modificato, con un andamento ellittico.

Le pitture del Toeschi erano ispirate, come il resto della decorazione, a temi mitologici riferiti all’elemento acquatico.

Il terzo e il settimo riquadro, a partire da sinistra entrando, risultano ridipinti in epoca posteriore, altre due pitture sono mancanti, mentre per quelle vicino all’uscita laterale destra il recupero è stato più difficile. Esemplificativo della minuziosità e raffinatezza degli intenti decorativi è il palco reale con le mensole a forma di rostro di nave. Il pavimento a mosaico riproponeva al centro lo stesso disegno della struttura del lucernario.

Il complesso monumentale dell’ex Acquario Romano è attualmente riconvertito in Casa dell’Architettura.

 

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