Esempio di carità romana San Nicola in Carcere al Foro Olitorio e la sua leggenda
A due passi dal Teatro di Marcello, sulla via oggi dedicata a Luigi Petroselli, sorge una chiesetta, che sembra emergere dalle rovine che la circondano e di cui è parte integrante: si tratta di San Nicola in Carcere, sorta sui basamenti di tre templi romani del Foro Olitorio, il mercato delle verdure dell’antichità. Le colonne sono state inglobate nei fianchi e nella facciata della basilica, conferendole un aspetto suggestivo e singolare. Fin dal Medioevo la denominazione “in carcere” data alla chiesa veniva spiegata con una poetica storia, secondo la quale sul luogo era una prigione dove era stato rinchiuso un uomo condannato a morire di fame. Il tempo passava, ma l’uomo rimaneva in vita. Alla fine si scoprì che la figlia, recandosi ogni giorno a trovare il padre, senza potergli portare alcun cibo, lo nutriva con il latte del suo seno, avendo da poco avuto un bambino. I magistrati romani vennero a conoscenza dell’accaduto e ne rimasero profondamente commossi: graziarono l’uomo, elogiando le virtù della figlia, ed eressero sul posto un tempio alla Pietà. L’episodio fu riportato dagli storici romani, come Festo o Plinio il Vecchio, secondo il quale, però, in carcere si trovava non il padre, ma la madre della giovane. Ispirò anche letterati ed artisti di tutti i secoli. Il Caravaggio gli dedicò una splendida tela, ora a Napoli, nel Pio Monte di Misericordia. L’olandese Ferdinando Boi (1616-1680), allievo di Rembrandt, dipinse “La carità romana” conservata a Roma, a Palazzo Corsini. La vicenda venne perpetrata dalle popolane romane divenute madri da poco, che durante l’Ottocento usavano riunirsi presso la basilica di San Nicola in Carcere per allattare i bambini abbandonati. |
|