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L’inestimabile valore di una cagna ferita

Con Paolo Moreno alla scoperta della maniera antica

di Cinzia Dal Maso

 

Plinio il Vecchio riferisce di aver visto nella cella di Giunone in Campidoglio, prima che tutto andasse bruciato nell’incendio appiccato dai seguaci di Vitellio, un’opera d’arte in bronzo d’incomparabile bellezza, la Cagna che lambisce la propria ferita. "L’originale pregio della figura, la sua espressione indistinguibile dal vero – spiega l’antico scienziato - non solo si comprendono dal fatto che era stata dedicata in quel luogo, ma anche dalla cauzione che l’assicurava. Era stato stabilito con pubblico decreto che i custodi ne rispondessero con la vita, perché nessuna somma di denaro era parsa adeguata".

Nel Museo Barracco è esposta una statua di cagna ferita, riconosciuta fin dal suo ingresso nella collezione quale copia in marmo pentelico del bronzo descritto da Plinio. Alla scultura Paolo Moreno dedica un capitolo della sua recente pubblicazione "Il genio differente. Alla scoperta della maniera antica" (Mondadori Electa, 208 pagine, 401 illustrazioni, € 40,00). Lo studioso si sofferma anche su un episodio avvenuto alla fine degli anni ’70, che mette in luce il suo infallibile fiuto di detective dell’antichità. "Una mattina che mi ero fermato a osservare il marmo, vidi alla luce radente della finestra che sul plinto erano incise le lettere greche di un nome, l’inizio della firma del copista Sópatros, che nessuno aveva rilevato. Sapevamo che lo scultore aveva lavorato per i romani a Delfi nel 105, e questo diventava una ragione per confermare l’animale come elemento della muta che popolava la caccia di Alessandro voluta da Cratero nel santuario". "Il donario delfico – continua Paolo Moreno – era assegnato a Lisippo da Plinio. Plutarco precisa che l’artista aveva eseguito il leone e i cani, mentre a Leocare si dovevano i protagonisti. Poiché Lisippo è celebrato da Plinio anche per un’altra ‘caccia con cani’, è opinione corrente che il bronzo descritto in Campidoglio dall’enciclopedista fosse del medesimo artista". Questo è solo un esempio del metodo di Paolo Moreno, che unisce alla rigorosa analisi delle fonti l'osservazione diretta delle testimonianze artistiche e il confronto iconografico. Nel volume "Il genio differente" lo storico dell’arte antica ci accompagna alla scoperta del periodo di passaggio dall’arte classica al primo ellenismo, inducendo per la prima volta una riflessione organica sui capolavori dell’età decisiva compresa tra la morte di Alessandro, avvenuta a Babilonia nel 323 a.C., e la battaglia di Ipso (301 a.C.), che registrò, con l’uccisione di Antigono, il fallimento dell’ultimo tentativo di mantenere unito il grande impero del Macedone. Lo studioso propone un excursus a vasto raggio, che comprende le statue di slanciate fanciulle e giovani donne di Lavinio, gli affreschi di Paestum, l’Eracle Farnese, il "Sarcofago di Alessandro" a Istanbul, le stupefacenti pitture delle tombe di Cassandria e di Verghina, il Poseidone del Laterano, l’Afrodite Capitolina e la Tomba dei Rilievi di Cerveteri.

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