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Svelato il segreto della matrona "armata"

di Annalisa Venditti

 

Corpo idealizzato, volto dai forti tratti realistici ed indumenti d’eroe: così si presenta un’insolita statua femminile marmorea, conservata in Vaticano, nel Museo Gregoriano Profano. Le belle forme, i seni piccoli e turgidi l’associano ad una Venere colta nel gesto pudico di difendere da sguardi indiscreti la propria nudità, mentre le pelle di leone che le copre la testa e la grossa clava stretta nella mano sinistra sembrano tradire un’inspiegabile natura mascolina. Lo sguardo trasognato e la capigliatura, resa attraverso il sapiente uso del trapano, sono tipici dell’età di Settimio Severo, ma non è certo la datazione a sciogliere l’enigma che avvolge un’immagine tanto complessa. Perché mai una defunta matrona romana del III sec. d. C. venne così immortalata, bella come la dea dell’Amore ed armata? La risposta si può trovare nel recente saggio di Paul Zanker, "Un’arte per l’impero. Funzione e intenzione delle immagini nel mondo romano" (Electa, 234 pagine, 35 euro), un vero e proprio vademecum per chi desidera comprendere la valenza comunicativa e l’effetto prodotto dalle opere d’arte nell’antichità. Dietro una raffigurazione tanto singolare si cela un altrettanto insolito episodio mitico, quello che vede protagonista l’eroe degli eroi, l’infaticabile Eracle. I caratteri della statua conducono ad Onfale, l’affascinante regina dei Lidi cui Eracle, per riparare ad alcune sue colpe, fu costretto a prestare servitù per ben tre anni. La regina costrinse l’eroe a vestire abiti femminili, appropriandosi per l’appunto dei suoi: mentre l’eroe, insieme alle altre ancelle, filava la lana, Onfale si aggirava nel palazzo reale con la clava e la pelle che l’amato Eracle aveva strappato al leone Nemeo. "Gli uomini romani – spiega Zanker – parlano molto di sé nelle iscrizioni funerarie che pongono alle loro mogli, e mettono in relazione le virtù delle donne anche con se stessi. Chi vede Onfale pensa necessariamente a Eracle, dato che la regina porta le armi dell’eroe. Nell’immagine del mito, e con un Onfale tanto virtuosa e bella, Eracle in quanto marito non poteva far altro che ricoprire il ruolo dell’uomo domato dall’amore, tutto dedito alla moglie, senza riserve, come appunto era stato Eracle con Onfale". Il marito della matrona, attraverso il paragone con la regina dei Lidi, voleva mostrare quanto avesse amato la sua consorte, poiché l’immagine, continua Zanker, "appartiene alla serie dei numerosi paragoni mitici con i quali si celebravano virtù e caratteristiche dei defunti". "L’arte dell’Impero" raccoglie numerosi altri studi di Paul Zanker sul significato morale dell’immaginario figurativo romano: una foresta di simboli, decifrata alla luce della storia sociale e dell’analisi iconografica.

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