Le notti brave dei giovani sconvolgevano l’antica Roma
La notte è da sempre amica del vizio e l’oscurità, con la sua garanzia di anonimato, invita gli animi più ribelli a compiere atti al di fuori della norma. Anche i nostri progenitori, costretti “sotto i raggi del sole” ad osservare le dure leggi imposte al cittadino romano, affidarono al calar delle tenebre il lato peggiore di loro stessi. Al sopraggiungere della sera, le strade della città, non illuminate, erano frequentate da individui di malaffare, donnacce e quanti, per incoscienza o spavalderia non si curavano dei pericoli di un “passeggiata” notturna. Gli uomini d’affari, nel caso i loro impegni di lavoro si fossero prolungati più del dovuto, si facevano raggiungere e scortare da un servo con la lanterna. La notte a Roma era buia e pericolosissima ed i ritardatari erano facili prede dei rapinatori. Non esisteva un vero e proprio corpo di polizia, piuttosto un servizio di vigilanza notturna delle vie, affidato ai tresviri nocturni o capitales: si aggiravano nei quartieri malfamati, seguiti da uomini armati ed avevano il potere di arrestare e di far eseguire condanne a morte solo ai danni di prostitute e schiavi. Non erano dunque il terrore degli agiati cittadini romani, che dimessi i panni diurni di “onesti” osservatori della legge e forti del loro stato sociale, si lasciavano ad ogni bassezza. Al sopraggiungere dei tresviri nocturni (troppo pochi per controllare tutte le strade e costituire un serio ostacolo alla criminalità), era più probabile scorgere il fuggi fuggi di qualche servo, uscito di nascosto dal padrone per un’ora di divertimento. Schiamazzi, bisbocce tra ubriachi e giovanotti in cerca di guai, rompevano il silenzio in cui, dopo il frastuono della vita metropolitana, piombava la città. I lupanari, così venivano chiamati i bordelli, erano aperti per esaudire i desideri dei numerosi clienti. Pare che un divertimento, di gran moda tra la gioventù debosciata, fosse quello di “assalire” le case dei lenoni, i proprietari dei “luoghi di piacere”, per usufruire gratuitamente dei servigi delle loro ragazze o, addirittura, per rapirle. Lo storico Tito Livio ci ha tramandato un fatto del genere, avvenuto nel 501 a.C., con protagonisti alcuni giovani sabini “di passaggio” a Roma. Erano venuti in città per assistere ai Giochi e, a fine serata, avevano deciso di festeggiare con una allegra bevuta. Completamente sbronzi, erano giunti nei pressi della casa di un lenone ed avevano tentato di rapire qualche sua prostituta, creando un gran baccano nel quartiere. Le urla del lenone, deciso a non cedere alla violenza, avevano svegliato tutto il vicinato. Da una scaramuccia si generò una battaglia e poco mancò che una bravata notturna si trasformasse in un vero e proprio “incidente diplomatico”, in grado di mandare a monte un recente patto di non belligeranza tra il popolo romano e quello sabino. |
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