Nella Roma dell’Ottocento si
indicavano con il nome di "Prati" le zone a valle del Tevere. Prati di
Castello erano chiamate le campagne, coltivate ad orti e vigne, intorno alla
riva destra, dove nell’antichità erano i possedimenti imperiali. Durante il
Medioevo una parte dei terreni fu chiamata Pulverosa, in riferimento alla
sabbia del fiume, un’altra Sancti Petri, perché dipendente dalla Basilica
Vaticana e l’ultima Montesecco, per una piccola altura formata da cocci
accumulatisi attraverso i tempi.
Questi luoghi, dopo l’unità
d’Italia in gran parte ancora disabitati, erano da sempre la meta preferita dai
romani che vi si recavano in allegre brigate nelle domeniche d’estate e nei
pomeriggi d’autunno. Vi approdavano con il traghetto di Ripetta, una barca a
fondo piatto, alla prua della quale era fissata una grossa corda, mentre
all’altro capo era una puleggia che correva lungo un canapo teso tra le due
rive. Toto Bigi, il conducente dell’imbarcazione, la faceva procedere spingendo
la lunga pertica fino nel fondale e sfruttando la corrente del Tevere. Un
servizio che rimase in attività fino al 1878.
I gitanti, percorrendo sentieri e
strade campestri si fermavano nelle osterie all’aperto sparse un po’ dovunque.
Durante l’inverno, sul traghetto era collocato un gabbiotto a vetri, con dentro
un braciere per riscaldarsi. Il ritorno avveniva attraverso Porta Castello o
Porta Angelica, poiché ad una certa ora veniva sospeso il servizio di traghetto,
essendo rischioso avventurarsi sul fiume durante la notte.
A queste zone aveva volto la
propria attenzione Pio IV (1559-1565), con l’intento di allargare le mura della
Città Leonina. Il primo ad avere l’idea di realizzarvi un quartiere per le
famiglie di ceto medio-basso fu nel 1830 Pietro Ercole Visconti.
Il Piano Regolatore del 1873
prevedeva l’espansione della città al di là del Tevere con la valorizzazione dei
Prati di Castello, dove sarebbe dovuto sorgere un quartiere con una superficie
di 65 ettari per 35 mila abitanti. Era inclusa anche la sistemazione dei Borghi
intorno a San Pietro, dando seguito alle proposte avanzate nel 1651 da Virginio
Spada, alle soluzioni formulate nel 1694 da Carlo Fontana, a quella di Cosimo
Morelli del 1776, al progetto del De Tournon del 1811 e a quello del Capranica
del 1850. In effetti l’abbattimento degli isolati tra i due Borghi, ossia la
cosidetta "Spina", aveva sempre implicato un problema di carattere
sociale ed estetico, nella ricerca della visualizzazione della cupola maggiore
di San Pietro. Il rione Borgo, che nel 1586 fu unito agli altri di Roma da Sisto
V, si era mantenuto indipendente dal resto della città, avendo il privilegio di
accogliere la basilica Vaticana. Si può dire che dopo il 1870 la città papale
fronteggiasse quella italiana.
Con la seduta del Consiglio
Comunale del 6 ottobre 1873, venne accantonato il problema della sistemazione
dei Borghi, ripreso poi col piano urbanistico del 1881, di nuovo respinto per
motivi economici e approvato nel 1887 dal Consiglio Comunale. La conclusione fu
che il progetto venne definitivamente accantonato per essere poi attuato nel
1936 con l’apertura di via della Conciliazione, ultimata nel 1950 secondo il
progetto Piacentini – Spaccarelli. Con i patti lateranensi dell’11 febbraio 1929
fu staccata dai Borghi una zona di 48 ettari che costituì la Città del Vaticano.
Le operazioni urbanistiche ai
Prati di Castello incontrarono subito difficoltà di ordine burocratico e
provocarono aspre polemiche, poiché si considerava errato creare un nuovo
quartiere staccato dal centro di Roma.
Per migliorare le comunicazioni
con i Prati di Castello, si stabilì di aprire una strada davanti all’erigendo
ponte Umberto. Tra quest’ultimo ed il nuovo ponte Cavour si propose di costruire
un edificio monumentale e rappresentativo che desse un certo tono al quartiere.
In vista dell’espansione edilizia,
i proprietari di aree edificabili con a capo il conte Edoardo Cohen d’Anversa si
erano accordati, al fine di speculare maggiormente sui loro terreni, per
costruire a proprie spese un ponte che facilitasse il collegamento con il resto
della città.
Il piano venne realizzato in modo
totalmente diverso dal previsto. Dopo lunghe polemiche iniziò la costruzione del
ponte Umberto, inaugurato il 22 settembre 1895. In asse con il ponte Cavour
venne costruita la "Strada Reale", l’attuale via Vittoria Colonna, che
conduceva direttamente a Porta Angelica. In particolare si trascurò volutamente,
per motivi anticlericali, che le nuove arterie tenessero conto della visione
della cupola di San Pietro e con questo stesso spirito si intitolarono le tre
principali strade del nuovo quartiere a Cola di Rienzo, a Stefano Porcari e a
Crescenzio, personaggi della storia di Roma, avversari del potere temporale dei
Papi. "Volgere le spalle" a San Pietro, d’altronde, rientrava in una ben
precisa volontà politica che cercava di sostituire i tradizionali rapporti
urbanistici di Roma con nuovi punti di riferimento: il Vittoriano e il Palazzo
di Giustizia, voluto dallo Zanardelli, che iniziò ad essere edificato nel 1888
su progetto del Calderini e ultimato nel 1910. Nello scavare le fondamenta del
palazzo, che i romani denominarono il "Palazzaccio", fu trovata la tomba
di Crepereia Tryphaena, con il corpo della fanciulla ancora intatto,
attorniato dalle bambole e dagli oggetti personali.
Di fronte al palazzo di Giustizia,
sulla piazza Cavour fu inaugurato nel 1898 il teatro Adriano, il più vasto tra
quelli costruiti in Roma capitale. In via Pompeo Magno venne eretta la chiesa di
San Gioacchino, di Raffaele Inganni (1891-1896), costruita con le offerte di
tutto il mondo cattolico in occasione del Giubileo sacerdotale di Leone XIII.
Verso la fine dell’Ottocento, per completare le attrezzature militari di Roma
vennero costruite lungo il viale denominato poi delle Milizie due caserme ed
accanto la piazza d’Armi. In seguito sullo stesso viale si aggiunse la caserma
dei Carabinieri.
All’avvio dei lavori ai Prati di
Castello si accompagnò una lunga grave crisi edilizia, ma l’attività riprese con
vigore ed intensità. Il quartiere Prati si rivestì di edifici e di grandi
caseggiati d’affitto.
Per sistemare ed ampliare la
futura piazza Risorgimento si iniziò ad abbattere la Porta Angelica, voluta nel
1563 da Pio IV, completamente demolita agli inizi del ‘900. I due angeli alati
recanti la croce e parte della scritta marmorea che si trovava sull’attico del
fornice furono incorporati nelle mura del Vaticano su Piazza Risorgimento.
Scomparve pure la cinquecentesca chiesa di S. Maria delle Grazie.