Il fascino della Madonna Botti alla Galleria Doria Pamphilj

 

 

di Cinzia Dal Maso

La Galleria Doria Pamphilj è uno di quei musei all’antica, gremiti di opere d’arte, in cui lo sguardo si sperde nelle grandi sale rese ancora più affascinanti dalla tangibilità del fluire del tempo, che sembra stendere un sottile velo di polvere sulle ricche tappezzerie o sui sontuosi arredi. I quadri si susseguono sulle pareti senza interruzione, disposti su più file. Tra i dipinti di tanti illustri maestri del passato, spiccano i capolavori assoluti, come il “Ritratto di Innocenzo X” del Velasquez, o “Il riposo durante la fuga in Egitto” e la “Maddalena penitente” di Caravaggio.

Ora c’è un motivo in più per immergersi nella magia della Galleria di piazza del Collegio Romano: fino al 29 febbraio, al centro della Sala dei Velluti, è possibile ammirare la Madonna Botti, opera del fiorentino Andrea del Sarto (1486-1530).

Si tratta della prima mostra ospitata dalla Galleria Doria Pamphilj. “Non solo costituisce per me motivo di grande orgoglio – ha sottolineato il principe Jonathan Doria Pamphilj – ma rappresenta anche l’occasione per celebrare l’interesse e l’impegno che la mia Famiglia ha negli anni coltivato e mantenuto nei riguardi dell’arte”.

Considerata perduta, poiché dispersa da circa 350 anni, la Madonna Botti è stata riconosciuta dal defunto prof. John Shearman, docente della Harvard University, ex vice direttore del Courtauld Institute. Tra il novembre 2001 e il marzo 2003, la Courtauld Institute Gallery di Londra ha dedicato una mostra al dipinto, eseguito a Firenze, probabilmente tra il 1528 ed il 1530, negli anni di crisi e di rinnovata religiosità che la Chiesa attraversò a seguito del Sacco di Roma (1527).

Ciò che colpisce nel dipinto è il realismo delle figure della Vergine e del Bambino, stagliate sul fondo scuro, e la familiarità dei loro gesti: la Mamma tiene amorevolmente in braccio il Figliolo, mentre con la mano sinistra gli scosta con delicatezza il labbro inferiore come a controllare, nella boccuccia socchiusa, lo spuntare dei primi denti.
Complesse vicende hanno portato l’opera dal suo primo proprietario documentato, il marchese Botti di Firenze, alla corte d’Inghilterra prima ed a quella spagnola poi, facendola infine approdare, alla fine del Novecento, sulle coste del Nord America.

Splendida è la cornice in legno dorato, virtuosamente intagliata e realizzata appositamente per il dipinto, della prima metà del Seicento. Il suo stile richiama elementi decorativi tipicamente fiorentini, come le volute corpulente e l’effetto metallico della lavorazione, ma mostra chiaramente di aver recepito la tridimensionalità della nuova arte barocca sviluppata a Roma da Gian Lorenzo Bernini e Pietro da Cortona. La Galleria Doria Pamphilj è aperta tutti i giorni, tranne il giovedì, il 25 dicembre ed il 1° gennaio, dalle 10.00 alle 17.00.


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