Arrivano gli indiani! Ci pensa Buffalo Bill

  di Antonio Venditti

 

Reduce dai grandi trionfi di Londra e Parigi, Buffalo Bill arrivò a Roma il 17 febbraio 1890 con un treno speciale di 28 carri provenienti da Napoli, per presentare il suo “ Wild West Show”, con cui voleva “far conoscere al pubblico i costumi ed il modo di vivere degli abitanti dell’Ovest degli Stati Uniti, riproducendo le scene principali e gli incidenti che hanno nelle lontane pianure del West”.

Ro­ma fin dai primi di febbraio fu tappezzata di manifesti che ritraevano il quarantaquattrenne leggendario colonnello americano, accanto alle immagini del suo “Show” di cui facevano parte 100 indiani, altrettanti tiratori - cow boys e cavallerizzi - e 200 animali.

Il 20 febbraio avvenne il debutto, un vero successo. I 5 mila posti del circo, lungo 200 metri e largo 100, andarono a ruba, tanto che venivano offerte anche 50 lire per i primi posti, il cui  costo era di 5. L’in­casso fu di 18 mila lire. Il colonnello raccolse 120 lire con la vendita dei suoi ritratti e ben 742 lire con le noc­cioline americane a 5 soldi il cartoccio.

Si verificarono ingorghi al Ponte Sant’An­gelo e al Ponte di Ripetta, da cui si doveva passare per arri­vare alla grande Piazza d’Armi dei Prati di Castello dove si trovava il Circo, attorniato dalle tende coniche degli indiani e da quelle quadrate degli americani.

Il pubblico fu particolarmente attratto dagli assalti degli indiani alla diligenza tirata da sei mule, la stessa che faceva servizio da Deadwood a Cheyenne. Dopo che vi erano saliti alcuni spettatori, partiva di gran carriera inseguita a colpi di fucile dagli indiani. L’arrivo di Buffalo Bill e dei suoi, dopo un nutrito fuoco, aveva il sopravvento sugli assalitori, facendo scendere a terra sani e salvi gli  spettatori-comparse. A questo punto Buffalo Bill dava un saggio della sua bravura a cavallo nel tiro con tutte le armi. Emozionarono le acrobazie dei cow boys che assumevano posizioni strane nello sparare da cavallo: chinati di fianco, oppure al di sopra, o anche al di sotto, della testa dell’animale, spesso nascondendo tutto il corpo. Furono ammirate le amazzoni, soprattutto la popolarissima Annie Oakley, che sparava a sfere di sughero incatramato, lanciate simultaneamente da diverse catapulte. Tenne senza fiato la corsa sui cavalli senza sella degli indiani, che incuriosirono per i costumi, i balli e i canti caratteristici.  Gli incassi giornalieri raggiunsero cifre favolose.

Buffalo Bill a Roma non si lasciò sfuggire la grande occasione di far visita in Vaticano a Leone XIII. La mattina del 3 marzo, atteso da una notevole folla, fece il suo ingresso alla testa di un corteo composto di duecento persone, tra  Sioux e cow boys, nel momento in cui la corte ecclesiastica e militare della Santa Sede si era riunita per assistere al Te Deum annuale per l’anniversario dell’incoronazione del Pontefice. Tornando all’accampamento, gli indiani seppero che nel frattempo era morto uno di loro e protestarono con Buffalo Bill per la mancata “protezione” del Papa, da loro chiamato “medicin man”.

Il nome di Buffalo Bill resta nella memoria dei romani per la sfida “d’onore” che gli fu lanciata dal duca Cateani: i cow boys del colonnello erano stati chiamati a cavalcare e domare alcuni puledri della sua tenuta di Cisterna. In un primo tempo la sfida fu proibita dalla Questura, per la “scarsa sicurezza che presentava per il pubblico l’ippodromo del Wild West”, ma avendo Buffalo Bill ottemperato a tutte le misure di prevenzione, potè svolgersi il 4 marzo. Quel giorno, nonostante il freddo, ventimila persone occuparono le gradinate del circo, mentre due mila carrozze erano posteggiate presso i recinti.

Da Cisterna  furono portati sei puledri, indomabili, rifiutati da ben quattro compratori: due si ferirono scalciando, gli altri quattro furono destinati alle sfide. Due cavalli furono lasciati liberi sull’arena e subito Buffalo Bill e i suoi cominciarono a inseguirli con i lazos. Dopo incredibili sforzi, durante i quali uno dei cavalli ruppe tre funi, trascinando quattro uomini, mentre l’altro ne ruppe due, i cow boys atterrarono i cavalli e, poste le selle, li monta­rono facendo due volte il giro della pista. I cavalli avevano, dopo pochi minuti, il sangue alla bocca.

A sua volta Buffalo Bill e i comproprietari del circo, Salsbury e Crawford, offrirono mille lire a chi fosse stato capace di domare i puledri americani in dieci minuti. Diversi butteri scesero in pista l’8 mar­zo per raccogliere la sfida. Filippo Valentini prese subito al laccio un cavallo. Quando il primo puledro ruppe una fune, correndo al centro dell’arena, Alfonso Ferrazza gli saltò in groppa, ma l’animale riuscì a liberarsi. Allora, Augusto Imperiali si afferrò alla coda del cavallo, un morello, con un balzo saltò a cavalcioni, afferrandolo per la criniera. Dopo pochi giri dell’arena a forte andatura, tenendo con la destra le redini e agitando con la sinistra il cappello, Imperiali fece una sosta, poi un altro giro al passo. Sceso a terra, il ventenne buttero ricevette le congratulazioni da tutti, mentre il duca di Sermoneta non nascondeva ammirazione ed entusiasmo, insieme alla duchessa e ai suoi figli. Tutti regalano dei quattrini all’Imperiali. L’ex­ploit dell’italiano  aveva meravigliato gli stessi cow boys e Buffalo Bill gli offerse una coppa di champagne. Venne fotografato dal conte Primoli.

Ma Buffalo Bill, che aveva già dimezzato il premio, si rifiutò di pagare, dicendo che i butteri avevano superato il tempo fis­sato, perché dopo mezz‘ora non erano ancora riusciti a domare il terzo cavallo. Lo spettacolo terminò con una valanga di fischi.

Per tutto il tempo che il Wild West Show rimase a Roma mantenne viva una vasta campagna pubblicitaria con cortei di indiani e cow boys che percorrevano le vie del centro e manifesti di Buffalo Bill esposti anche da Aragno e al Café Greco, dove aveva un tavolo riservato. I salotti facevano a gara per ospitare il colonnello. I romani appresero tutto su Buffalo Bill, compresi i soprannomi indiani.

Buffalo Bill si faceva fotografare al Colosseo, dispiaciuto di non potervi esibire il suo show, accompagnato dai Sioux che improvvisavano danze in onore del Grande Spirito.

Il Wild West Show partì poi alla volta di  Firenze.

 

 

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