Attualità della critica
politica di
Giuseppe Garibaldi
Dopo
oltre un secolo la storia si ripete

Il 26 aprile 1879 Giuseppe Garibaldi comunicava
al Parlamento la nascita della “Lega della Democrazia”, un partito a
cui si associò contemporaneamente un giornale con lo stesso nome.
Il 27 settembre dell’anno successivo Garibaldi, ormai anziano, si
dimise in segno di protesta da deputato del primo collegio di Roma
ritirandosi – dopo tre nomine - definitivamente a Caprera.
Attraverso le colonne del quotidiano repubblicano “La Capitale” -
diretto da Ferdinando Dobelli - pubblicò un duro messaggio destinato
a diventare famoso. "Tutt'altra Italia io sognavo - scriveva
Garibaldi - nella mia vita, non questa, miserabile all'interno ed
umiliata all'estero, ed in preda alla parte peggiore della nazione".
Parole dure, sferzanti, ma che ancor oggi inducono a riflettere su
un aspetto determinante della politica italiana, che tanto coinvolge
i maggiori partiti: la bozza della legge elettorale, fino a pochi
giorni fa in discussione alla Camera, impropriamente chiamata alla
tedesca e venduta come tale da Pd, Fi, M5 Stelle e Lega. Ma non
tutti i partiti la consideravano la migliore, perché con il sistema
tedesco non c’entrava proprio nulla. E per di più risultava un
sistema contorto e complicato con il risultato di avere alla fine
oltre la metà del Parlamento costituito da nominati dai dirigenti
dei vari partiti. Si trattava di un perverso marchingegno da cui
sarebbero scaturiti gli eletti. Una sorta di graduatoria che
stabiliva gli idonei e i vincitori. Ma all’improvviso nel corso di
una votazione alla Camera tutto è saltato, per cui la ricomposizione
dei cinque partiti sulla legge elettorale appare veramente
difficile.
Ma torniamo a Giuseppe Garibaldi che da Caprera il 29 settembre 1874
scriveva tra l’altro: “L’Italia! …questa Italia, che le altre
nazioni tanto invidiano pel suo cielo, per la fertilità delle sue
terre, per l’indole svegliata dei suoi abitanti, che in pochi anni
conquistarono ciò che fu la aspirazione di secoli, la sua unità.
Qual mai ostacolo le si oppone a renderla grande, prospera,
rispettata?.... Vorrei dirvi chi sono, chi furono e donde vengono:
ma troppo dovrei intingere la penna nelle sozzure, e mi ripugna.
Basta vi dica: ricorrete al loro passato, e se non siete più che
ciechi, più che imbecilli, più che codardi, non riconfermateli nel
loro seggio. Che sperare da essi? Il pareggio, la difesa dello
Stato, la libertà? Illusi che siete! Si, riconfermandoli,
preparatevi a nuove sciagure...”!
Dalle parole di Garibaldi emerge una situazione storico-politica
decisamente drammatica in quel tempo in Italia, nella quale
purtroppo si rispecchia la nostra attuale, altrettanto seria.
Riguardo a molti nostri parlamentari, tra le loro tante carenze
manifestate in tv emergono quelle che dimostrano l’assoluta
ignoranza dei fatti più importanti della storia d’Italia.
Lacune che si estendono non solo alle conoscenze degli avvenimenti
storici nazionali, ma anche a temi di ricorrente attualità.
Ricoprire il ruolo di parlamentare non implica necessariamente una
conoscenza storica a vasto raggio, ma dovrebbe escludere l’ignoranza
a tempo pieno giuridica – come apparso in un servizio televisivo
delle Jene - perché in netto contrasto con la funzione svolta. C’è
da augurarsi, che almeno – cultura storico-politica a parte –
svolgano con preparazione, competenza e onestà il loro lavoro,
esulando le troppe notizie di cronaca che ogni giorno contribuiscono
ad allontanare i cittadini dalla politica, sempre più uniti nel
dire: “tanto sono tutti uguali”.
di
Antonio
Venditti
11 giugno 2017
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