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Dramma sul femminicidio di Annalisa Venditti

Se Persefone non torna più sulla terra

 

 

C’è ancora spazio, oggi, per il mito? Non per ascoltare, con gusto antiquario, le belle favole degli antichi, ma per sentirlo parte del presente, elemento vivo e vitale che fonda la realtà e ci aiuta a comprenderla. Annalisa Venditti, giornalista televisiva e scrittrice, con il testo dello spettacolo  “Donne Perse(phone)” si rifà alla vicenda della dea greca Demetra e di sua figlia Persefone, rapita e trascinata negli Inferi da Ade, per lanciare un accorato appello contro il femminicidio, piaga dei nostri giorni.

Se nella narrazione antica Demetra otteneva di poter riavere con sé per sei mesi l’anno la figlia, chiara allusione al ciclo delle stagioni, nella tragedia dei nostri giorni questo non può accadere: la Persefone di oggi è morta, uccisa da un marito, un fidanzato o un compagno violento. Il recital, con l’attenta regia di Paola Sarcina,  rappresenta un dialogo intimo tra madre e figlia, tra vita e morte, tra amore e violenza. Il linguaggio segreto e arcaico del mito si confonde e si sovrappone con le atmosfere metropolitane evocate e con le parole della cronaca nera usate dai media. Tredici donne in scena (Melania Straffi, Erika Sharon Biancone, Raffaela Rusciano, Patrizia Scermino, Marisa Giampietro, Maria Grazia Teodori, Anna Cucciari, Letizia Staccioli, Maria Luisa Magnarelli. Laura Muzzupappa, Ada Seguino e Anna Silvestri). Donne che nella vita non sono attrici professioniste, ma insegnanti, scrittrici, giornaliste, operatrici nel mondo della comunicazione e libere professioniste. Con loro soltanto una giovane e talentuosa attrice, Diana Forlani, che nella preparazione dello spettacolo ha svolto anche il ruolo di tutor. Tutte hanno lavorato tre mesi insieme con la regista, con passione e impegno. Hanno costruito lo spettacolo attraverso un laboratorio che ha previsto anche incontri di approfondimento sul tema della violenza di genere con la psicologa Marinella Linardos

“È stato un piacere e un onore per me – ha detto Anna Cucciari - poter partecipare alla realizzazione di questo spettacolo anche se con un contributo non da solista. Opera interessante, emozionante, tristemente attuale, autrice originale, di matrice classica, molto profonda, regista di qualità, compagne di laboratorio con le quali subito si è creata un'intesa profonda. Tutte ci siamo dedicate a questo lavoro con la convinzione di collaborare a cambiare qualcosa nella società malata di oggi”.

"Essere coinvolta in questo progetto – ha spiegato Ada Seguino - è stata un’esperienza  molto forte.  Mi ha immerso nel dolore immane di donne che lasciano come testamento la loro denuncia, il loro  dolore reso muto a volte in modo sistematico da un modello di società che continua a perpetrare,  attraverso le immagini, i  simboli, ma anche un  linguaggio stereotipato, un  modello  patriarcale.  Dopo alcuni eventi tragici degli ultimi giorni, sono ancora più convinta che la nostra società è    lontana anni luce da società moderne che pongono al centro di ciascuno individuo, sia uomini, che donne,  il diritto di autodeterminarsi e scegliere”.

“Sono una Demetra di 60 anni, sono quindi una madre che vive con angoscia e sensi di colpa la deriva violenta e priva di valori di questa epoca buia”, ha specificato Maria Luisa Magnarelli. Questo lavoro – ha continuato - rappresenta l’impegno sociale che è necessario profondere, per fermare il percorso in discesa verso la barbarie che stiamo percorrendo ed è il mio pensiero di amore e cordoglio, per tutte le donne vittime di violenza, che sento figlie e che piango con lacrime di madre”.

Lo spettacolo, promosso dalla Comunità Ellenica di Roma e del Lazio, è andato in scena alla Casa Internazionale delle Donne, con la partecipazione dell’attore greco Andrea Plithakis.

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di Cinzia Dal Maso
10 luglio 2016

© Riproduzione Riservata

 

 


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