In mostra a Villa Giulia il corredo di
una tomba aristocratica scoperta a Vulci
Le mani d’argento della principessa
etrusca

Vulci, l’etrusca Velcha, una delle più importanti
città-stato d’Etruria, sorgeva su un basso pianoro sulla destra del fiume Flora,
a circa 13 chilometri dal mare. Le necropoli di Cavalupo, dell’Osteria e di
Ponte Rotto hanno restituito tombe villanoviane a fossa e a pozzetto del IX e
dell’VIII secolo a. C. A cominciare dal VII secolo a. C. si scavano tombe a
camera sul tipo di quelle ceretane, anche se solitamente più semplici. Veramente
monumentale è invece la sepoltura aristocratica detta “delle Mani d’Argento”,
scoperta nella primavera del 2013 nella necropoli dell’Osteria, cui viene
dedicata la mostra “Principi immortali”, dal 29 aprile al 29 giugno 2014 nelle
sale dei Sette Colli e delle Quattro Stagioni al piano nobile del Museo
Nazionale di Villa Giulia.
La tomba - databile intorno al 640-620 a.C. - con un lungo corridoio di accesso
e tre camere funerarie, prende il nome dal rinvenimento di due mani in argento
sbalzato, con una lamina d'oro applicata sulle unghie di tre dita, che
appartenevano a una statua realizzata in materiali diversi. Statue di questo
tipo accompagnavano nel rituale funerario gli appartenenti alle più ricche
famiglie vulcenti, compensando loro simbolicamente la perdita della corporeità
per farli assurgere a una dimensione eroica e immortale.
In esposizione anche altri elementi legati alla statua e numerosi oggetti di
ornamento. A indicare il rango principesco dei defunti, i finimenti di cavallo e
i resti di un carro.
Nella prima sala è la ricostruzione delle tre camere della tomba. con il loro
corredo vascolare restaurato.
La camera centrale ospita una simulazione virtuale della statua votiva, lo
sphyrelaton, affidata ad una proiezione realizzata da Soc. Coop. a r.l. Spazio
visivo. Immagine in comunicazione. La figura appare ad intervalli regolari,
accompagnata da suoni suggestivi e da una voce che la inserisce nel contesto di
allestimento.
Due grandi pannelli introducono alla città di Vulci ed al settore di necropoli
di cui è parte la tomba.
Nella seconda sala sono esposti i risultati del lavoro di restauro sulle mani
d'argento e sui materiali di metallo, tessuto e pasta vitrea, con particolare
attenzione alla "ricomposizione" delle borchiette d'oro (ne sono state rinvenute
più di 1500) su stoffa e al carro, con ricostruzione grafica e considerazioni
sul suo uso e su quello dei cavalli in quel periodo. Le operazioni di restauro
sono state eseguite dai tecnici dell'Istituto Superiore per la Conservazione e
il Restauro e dalla soc. Mastarna.
La tomba era stata depredata probabilmente un secolo fa e solo il coinvolgimento
di varie professionalità nello scavo e nello studio dei materiali ha permesso di
raggiungere risultati scientifici eccezionali: per questo l'esposizione intende
valorizzare il contributo alla ricostruzione storica di altre discipline
scientifiche associate all'archeologia.
Pannelli e materiali illustrano il complesso contesto messo in luce con lo scavo
dell'Area C della necropoli dell’Osteria, con le sue tre fasi cronologiche che
vanno dalla fase delle tombe a fossa profonda, a quella delle tombe a camera,
fino a quella dei "recinti". Sono presentati anche i risultati delle ricerche
antropologiche, archeozoologiche e paleobotaniche.
Tra i reperti in mostra, lo scarabeo-sigillo proveniente da una delle tombe a
fossa profonda, che consente un approfondimento dei contatti di Vulci con il
Mediterraneo. Una tegola dipinta in white-on-red attesta la presenza di un
edificio con decorazione architettonica di fine VII secolo a.C.
L'esposizione è completata dalla ricomposizione di uno dei "recinti" con olla
per incinerazione posta presso un angolo.
di
Cinzia Dal Maso
27 Marzo 2014
©
Riproduzione Riservata