Interventi di Paolo Moreno,
Giovanni Curtis e Gino Saladini
“I cavalcavia di Roma”
presentato in Campidoglio

E’ stato presentato in Campidoglio, nella sala del
Carroccio, il volume di Antonio Venditti “I cavalcavia di Roma. Itinerario tra
storia, arte, leggenda” (Edilazio).
Ha aperto l’incontro il prof. Giovanni Curtis, docente di
cinema e semiotica dei mass media. “E’ un libro straordinario – ha detto -
perché non è solo legato all’architettura, all’archeologia o alla storia, ma in
ognuno di questi capitoli in cui si analizzano i cavalcavia di Roma si cela
tutta una serie di particolari. Oltre alle informazioni per così dire tecniche,
in realtà si ricostruisce la vita che si svolgeva intorno a questi archi.
Intanto è un libro da portare con sé come una sorta di guida: nel centro di Roma
si possono trovare decine di cavalcavia in pochi passi. Non è solo la storia dei
nobili o delle principali famiglie, ma ci sono ad esempio i mestieri ormai
scomparsi della Roma fine Ottocento. Oltre alla stratificazione architettonica
c’era una stratificazione sociale”.
Il prof. Paolo Moreno, emerito di Archeologia e storia
dell’arte greca e romana, si è soffermato su un antichissimo arco che oggi
svolge funzione di cavalcavia: quello di Dolabella e Silano, consoli dell’anno
10 d. C., inserito nelle mura Serviane. “Tra l’altro – ha spiegato - va
considerato in qualche modo romano uno dei più noti di questi passaggi ad arco,
quello di Grottapinta, oscuro e quasi preoccupante. Si trova lungo la linea
precisa di uno dei raggi della grande ruota della cavea del Teatro di Pompeo.
L’arco è stato elaborato nel Medioevo, è molto povero e rustico, però è
rigorosamente allineato sul sistema romano. Michelangelo – ha continuato -
concepì il più bello di questi cavalcavia, l’arco Farnese, come passaggio
diretto tra il palazzo Farnese e le tenute della stessa famiglia sul Tevere,
realizzato poi ai primi del Seicento. Nel libro – ha continuato - sono riportate
molte tradizioni popolari, vecchie leggende ambientate in questi passaggi. Ci
sono poi dei fatti inspiegabili codificati dalla Chiesa cattolica come miracoli.
Alla fine del Settecento, quando dalla Francia arrivavano venti di rivoluzione,
la Madonna dell’Archetto mosse gli occhi, insieme a molte altre immagini mariane
di Roma. Ho trovato poi molto interessante l’analisi che ha fatto Venditti degli
archi moderni, che sono una tipologia eterogenea. Si va dal traforo Umberto I,
al cavalcavia di via della Missione, costruito con travi di ferro, per arrivare
all’arco del quartiere Coppedè, quanto di più magico si possa immaginare, dove
Dario Argento ambientò due suoi film”.
“Per me questo libro è stato un invito all’immaginazione”,
ha sottolineato il prof. Gino Saladini, criminologo e scrittore. “Pensate di
passare per le strade di Roma nelle ore che sono consone al mistero, dopo il
tramonto, quando tutta la folla degli umani è andata a casa a mangiare. In
quelle ore, come ha scritto nella sua preziosa prefazione il prof. Moreno,
Antonio Venditti ci invita ad alzare lo sguardo, cosa che non facciamo mai,
perché siamo frettolosi, perché siamo stritolati nei non luoghi della
quotidianità, mentre Roma è piena di magie. Questo libro, in cinquantacinque
incontri, ti porta accanto a quella sensazione meravigliosa che è il numinoso,
vocabolo in qualche modo inventato da quel grande psicologo che era Jung.
L’incontro con il numinoso è l’incontro con qualcosa che ci possiede, ci piace,
ci stimola, e i cavalcavia che Antonio ha descritto e fotografato ci
suggeriscono di riacquistare una modalità di sguardo altra. Noi abbiamo perso il
gusto di guardare la bellezza: siamo un po’ anestetizzati. Questo non è un libro
da giornalista, Antonio ha il tocco di chi è innamorato di ciò che sta
descrivendo”.
di
Cinzia Dal Maso
20 Marzo 2014
©
Riproduzione Riservata