Personale di
Sergio Salomone alla galleria 291 EST
Un’arte di
passaggio

La galleria 291 EST - in viale dello Scalo San
Lorenzo 45/49 - con la personale di Sergio Salomone prosegue il suo programma
"Se", curato e ideato da Roberto D’Onorio e Vania Caruso, riservato ad artisti
emergenti volti a condividere l’esperienza quale terreno eterogeneo di confronto.
L’esposizione limitata a sette giorni, dal 24 al 31 gennaio, rappresenta uno
strumento analitico aperto all'indagine antinomica dell’arte presente, dando
respiro alle possibilità nate dalla cooperazione e dallo scambio diretto tra
diversi artisti. Da questo tempo di grandi sconvolgimenti economici, politici e
sociali, si può immaginare un nuovo modo di concepire il mondo e se stessi,
talvolta stabilito con l’invenzione divina, talvolta con l’autorità umana.
Quello che ne deriva è un tempo confuso, che termina col giustificarsi per la
sua capacità di porre ordine. La coscienza storica di Sergio Salomone risiede
nella forma primitiva di questa esperienza. L’autore cattura l’immaginario del
suo pubblico usando una forma propria di un’epoca antica, contenuta nelle regole
di una società civile: l’opera mediante gesti di estrema sintesi si produce nel
presente, creando immagini per contesti culturali in atto. Così sulla superficie
dell’installazione si dispiegano i moduli delle formelle quattrocentesche del
Ghiberti, poste a suggellare la fine dell’oggetto di culto per lasciar spazio al
sentimento estetico del tempo. In linea con l’idea di David Feedberg, sull’ineludibile
confronto fra i ricordi e l’influenza di quello che viviamo, l’atto decorativo
preso in prestito alla pratica devozionale sembra qui consacrare l’immagine
realizzata della proprietà e dei poteri che le sono stati destinati o
successivamente attribuiti. Il Rimando alla Basilica in quanto luogo scaro, ma
anticamente politico, è solo uno dei passepartout per la linguistica diacronica
che l’opera dichiara. La formella utilizzata come stampo e allontanata dal suo
luogo, attraverso la riproduzione al negativo, crea uno spazio cavo al suo
interno suggerendo una via di fuga, che a ben vedere non è altro che un vicolo
cieco. Solo a questo punto ci accorgiamo di una mancanza, di una cancellazione
di un’assenza di prospettiva perché il processo storico è ancora in atto. Fuori
mostra il lavoro Stare #2, essere o render fermi , presentata in
occasione della mostra Refuse, in occasione di Factory, alla Pelanda di
Testaccio di Roma: un paio di comuni scarpe emerge da un ritaglio di pelle, al
quale vengono aumentate le qualità fisiche legate alla stabilità fino a
raggiungere uno stato di fissità che non gli appartiene.
di
Alessandro Venditti
10 gennaio 2014
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