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Il suo monumento a Sant’ Anastasia

Angelo Mai e i palinsesti

Nel 1820 Giacomo Leopardi componeva la canzone "Ad Angelo Mai quand'ebbe trovato i libri di Cicerone della Repubblica", consegnando per sempre alla storia il nome di un prelato che altrimenti sarebbe stato conosciuto solo dai classicisti e dagli appassionati di letteratura antica. Favore che però il Mai non restituì al poeta marchigiano, visto che, a quanto sembra, si appropriò di alcune osservazioni di Leopardi senza mai citarne l’autore.

Ma chi era Angelo Mai? Era nato nel 1872 a Schilpario, presso Bergamo. Prima ancora di essere ordinato sacerdote, insegnava al Collegio Romano. Fu il gesuita spagnolo Menchaca a introdurlo alla lettura dei palinsesti, ossia delle pagine manoscritte su pergamena o altro supporto, cancellate e ricoperte con altra scrittura. Angelo Mai, usando una spugna imbevuta di acido gallico, estratto dalle noci di galla polverizzate e inumidite, riusciva a rendere nuovamente visibile l'inchiostro sbiadito del testo abraso e a riportare alla luce antiche testimonianze altrimenti perdute. Dal 1820 fece importantissime scoperte alla biblioteca Ambrosiana di Milano, quindi a quella Vaticana, di cui fu custode fino al 16 agosto del 1833.

Nel 1849, durante la Repubblica Romana, non lasciò subito la città, non sentendosi affatto in pericolo. Gli stessi repubblicani portavano molto rispetto al famoso scopritore del "De Re publica" di Cicerone e sembra avessero posto sul portone di palazzo Altieri, dove il Mai soggiornava ospite dell’omonimo cardinale, un avviso che imponeva di non disturbarlo in alcun modo. In seguito lasciò Roma, ma non raggiunse Pio IX a Gaeta. Preferì trasferirsi a Napoli, dove poté studiare i codici della Biblioteca Borbonica. Rientrò a Roma nel 1950, dopo il ritorno del Papa.

Fu socio dell’Istituto di Francia, dell’Accademia reale di Berlino, di quelle di Monaco, Stoccolma, Vienna e di Amsterdam.

Il 20 ottobre del 1853, ad Albano Laziale, volle fare testamento, destinando del denaro ai poveri del suo paese natale, ai suoi segretari e servitori. Quanto alla sua ricchissima biblioteca, stabilì che fosse stimata e venduta; se l’avesse acquistata il Papa, come poi avvenne, il prezzo sarebbe dovuto essere dimezzato.

Morì l'8 settembre del 1854 ad Albano, dove forse si era ritirato per proteggersi dall’epidemia di colera che in quei giorni mieteva molte vittime a Roma.

Funerali solenni furono celebrati sia a Bergamo che a Roma, dove fu seppellito, alla presenza di Pio IX e di un gran numero di cardinali, nella basilica di S. Anastasia, di cui il Mai aveva il titolo presbiteriale. Il monumento funebre in stile neoclassico, iniziato quando il Mai era ancora vivo, era stato da lui stesso commissionato a un artista suo conterraneo, il bergasmasco Giammaria Benzoni di Songavazzo. Il cardinale è raffigurato in ginocchio, nell’atto di offrire le sue opere alla Sapienza divina. Il Mai dettò personalmente la sua epigrafe.

di Cinzia Dal Maso

07 novembre 2012

 

 

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