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Superstizioni ottocentesche

Per vincere al lotto

Nella Roma dell’Ottocento i popolani sapevano che difficilmente avrebbero potuto dare una svolta alla loro esistenza spesso grama, a meno di non fare una bella vincita al lotto. Una speranza che si poteva tramutare in ossessione, con tanto di rituali e preghiere per conoscere i numeri fortunati. Ad esempio, secondo quanto riferisce Giggi Zanazzo, per vincere un terno occorreva salire in ginocchio, naturalmente di notte, la scalinata dell’Aracoeli, recitando deprofundis e Avemarie e raccomandandosi ai tre Re Magi. Da tutto quello che si vedeva o si sentiva, si ricavavano i numeri da giocare.

Si poteva fare anche un preciso itinerario. Si andava dalle Carceri Nuove, in via Giulia, per il vicolo del Malpasso, fino a piazza dei Cerchi, dove si eseguivano le condanne a morte. "Facenno, insomma la medema strada de quelli che annaveno a mmorte ar tempo der papa". Ci si portava quindi a San Giovanni Decollato, la chiesetta dove si seppellivano i giustiziati e ci si metteva in ginocchio allo scalino sotto alle due finestrelle con inferriata che fiancheggiano la porta della chiesa. Notizie che Zanazzo prende anche dal Belli, che continua così: "La bocca storta / nun fà si senti quarche risponsorio: / sò l’anime der santo purgatorio. / A San Grigorio / promette allora de fà dí ’na messa / pell’anima d’un frate e ’na bbadessa. /  ‘Na callalessa / è der restante: abbasta de stà attento / a gni rimore che te porta er vento. /  O ffora, o ddrento, / quello che pòi sentí tiello da parte, / eppoi va’ a cerca in der libbro dell’arte. / Viva er Dio Marte: / crepi l’invidia e er diavolo d’inferno, / e buggiaratte si nun vinchi er terno!"

Bisognava avere una buona dose di coraggio durante questa visita notturna a San Giovanni Decollato, perché, dice Zanazzo, "se racconteno tante pavure che sse so’ avute pe’ vvia de ll’anime ggiustizziate che sso’ apparse in persona... senza la testa o cco’ la testa in mano, a quelli che annaveno a ffa’ ‘sta novena! Mamma mia!"

Per avere tre numeri sicuri si credeva che bastasse andare al Verano a prendere un po’ di terra vicino a una croce. La terra andava posta in una cassetta dove si piantavano 90 chicchi di grano, numerati con uno stecchino da 1 a 90. "Ggiocate li primi tre nnummeri indove ce spunteno le prime tre ppiantine e poi sapéteme a ddì’ ssi nun vincete", avverte Zanazzo. Quest’ultimo parla anche delle novene a Sant’Alessio o a San Pantaleone, cui bisognava lasciare carta e penna per segnare i numeri e che si presentava come "un santone, un pezzo d’accidentone arto e ggrosso, che dda pe’ strada arriva a un siconno piano". San Pantaleone, però, non lasciava i numeri che scriveva a portata di mano, ma li nascondeva nei posti più strani.

Per aver fortuna al lotto bisognava portare in tasca il trifoglio, o due denti legati con un filo di seta cruda bagnata di bava di lumaca. In alternativa si poteva indossare la camiciola portata da un giustiziato.

di Cinzia Dal Maso

23 maggio 2012

 

 

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