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Nel 1655 fu aperta per far entrare a Roma Cristina di Svezia

La porta Pertusa nelle mura Vaticane

Sulla parte più alta di viale Vaticano, nel punto in cui si eleva la mole imponente del Torrione di San Giovanni, si trova la Porta Pertusa, la cui presenza è indicata anche dalla via omonima e che sembra dovesse servire solo per uso della Curia e non per il traffico cittadino. In origine si apriva nelle Mura Leonine, edificate dal pontefice Leone IV tra l’847 e l’852 per proteggere la basilica di San Pietro e il Vaticano dal pericolo di incursioni saracene. La cinta, lunga circa 2 miglia e mezzo, in tufo e mattoni, raggiungeva sul Tevere il Mausoleo di Adriano, facendone un punto cardine per il sistema di difesa e raccordandosi così il con le mura Aureliane, dall’altra parte del fiume. L’intero perimetro delle mura era disseminato di torri, in tutto quarantaquattro, ma solo tre erano le porte: infatti il Liber Pontificalis specifica che Leone IV, nel benedire la nuova opera, si era fermato a pregare davanti a ognuna di loro. La prima, detta in seguito "Sancti Petri", era nei pressi della Basilica, nel punto di arrivo della via Francigena. La seconda era dal lato opposto, dove giungeva la via Septimiana. La terza era allo sbocco del ponte Elio, presso Castel Sant’Angelo.

La porta Pertusa, quindi, venne aperta nelle mura Leonine solo in un secondo momento, forando la cortina. Ce lo direbbe anche il nome, che forse deriva da "pertugio", apertura. Nell’antichità veniva chiamata "petra pertusa" la pietra tagliata da Vespasiano sulla via Flaminia. Quando fu realizzata la porta? Secondo l’ipotesi più seguita, al ritorno dei papi da Avignone, alla fine del XIV secolo. In tale occasione, la sede pontificia fu definitivamente trasferita in Vaticano, abbandonando quella del Laterano, e le tre porte risultavano ormai insufficienti all’aumentato incremento demografico ed edilizio. Eppure, stando al Tomassetti, la porta era già stata nominata in un documento del 1279.

La cinta muraria del IX secolo continuò per molto tempo a difendere il Vaticano, anche quando i sistemi di assedio si erano fatti molto più pericolosi. Così, nel maggio del 1527 quelle mura furono le prime a cedere alla furia dei Lanzichenecchi di Carlo V. Così, quando solo 7 anni dopo salì al pontificato Paolo III Farnese, la necessità di creare delle mura più forti risultava evidente. Nonostante i grandi progetti, furono realizzati solo il grande bastione del Belvedere e la parte inferiore della porta di Santo Spirito. Furono i successori Pio IV e Pio V a portare a termine la grande opera. I lavori iniziarono l’8 maggio del 1561. La città leonina fu quasi raddoppiata e il progetto di Pio IV Medici congiunse con una muraglia continua il torrione del Belvedere a Castel Sant’Angelo. In alcuni punti il tracciato delle nuove mura seguì quello delle antiche, anzi, a volte fu addirittura riutilizzato. Sulla sommità del Vaticano il nuovo muro era di poco più esterno rispetto a quello leoniano. L’antica porta Pertusa, presso il bastione di San Giovanni, fu sostituita da quella che vediamo oggi, con due accessi secondari posti ai lati di quello principale, circondato da una grande cornice a bugnato di travertino e sovrastato, nella chiave di volta, dallo stemma di Pio IV. Non è però presente nessuna iscrizione. Secondo Stefano Piale, "potrebbe anche dirsi, che egli non giungesse a compirla, e fosse ultimata da S. Pio V, il quale per moderazione lasciasse, o ponesse lo stemma del suo predecessore, senza farvi iscrizione di alcuno".

La porta risultò spesso chiusa, come del resto è oggi. Di certo fu aperta per accogliere la regina Cristina di Svezia, che andava ad alloggiare al Belvedere. Si legge nel diario del Gigli, in data 20 dicembre 1655: "La sera delli 20 Decembre arrivò a Roma la Regina alle doi hore di notte, et entrò per porta Pertusa, la quale già stava murata, et allora fu aperta per tale effetto". Non si trattò però di un’entrata solenne. L’ingresso ufficiale avvenne solo qualche giorno dopo, attraverso porta del Popolo.

La porta era ancora murata, anche se debolmente, nel 1849. Il 30 aprile di quell’anno i francesi del generale Oudinot, provenienti dalla via Aurelia, tentarono di entrarvi per porre fine alla Repubblica Romana. Contavano di sfondarla con qualche cannonata. Qui però gli assalitori trovarono il coraggio e la tenacia di un giovane artigliere romano, Paolo Narducci, che seppe battersi come un vecchio soldato finché non fu ferito mortalmente al petto. Raccolto da due artiglieri, uno dei quali ferito, fu portato nel vicino ospedale di Santo Spirito, dove morì alle due e mezza del mattino del 2 maggio.

di Cinzia Dal Maso

18 luglio 2012

 

 

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