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Cerimonia al Gianicolo nell’anniversario della morte della giovane

Colomba Antonietti, omaggio all’eroismo

Lo scorso 13 giugno il Gianicolo è stato teatro di una semplice ma toccante cerimonia. Alle cinque del pomeriggio una piccola folla si è radunata presso il busto di Colomba Antonietti per rendere omaggio all’eroica donna nel 163° anniversario della sua morte.

Cinzia Dal Maso, autrice del libro "Colomba Antonietti. La vera storia di un’eroina" (Edilazio), ha ripercorso i momenti salienti di una breve vita sacrificata alla causa dell’unità d’Italia, partendo dalla nascita – il 19 ottobre del 1826 – a Bastia Umbra e dal quasi immediato trasferimento della famiglia a Foligno, dove il padre di Colomba, fornaio, aveva ottenuto una privativa per la preparazione del pane e aveva preso in affitto il forno di fronte al palazzo comunale, andando ad abitare nella parte superiore. Da una finestra di questa casa, Colomba aveva incrociato lo sguardo di un cadetto della guarnigione pontificia di stanza nel palazzo comunale, il conte Luigi Porzi. Tra i due giovani era nato subito l’amore, contrastato dai genitori di lei, spaventati dalla disparità sociale. Nonostante le difficoltà, Colomba e Luigi erano riusciti a sposarsi, il 13 dicembre del 1846, all’una di notte, nell’oratorio della Misericordia di Foligno. Quando Luigi partì per la prima guerra di indipendenza, Colomba lo seguì vestita di una vecchia divisa militare, con i neri capelli tagliati. La difesa della Repubblica Romana, nel 1849, li vide ancora combattere fianco a fianco. Colomba partecipò alla battaglia di Velletri, il 19 maggio e fu tra i primi, dopo il 3 di giugno, come testimonia Candido Augusto Vecchi, "colla baionetta in resta al riacquisto de' nostri posti avanzati". Colomba avrebbe terminato i suoi giorni il 13 giugno, nel disperato tentativo di difendere il sesto bastione delle mura Gianicolensi che l’artiglieria francese del generale Oudinot cannoneggiava per aprirvi delle brecce. I coniugi Porzi si trovavano sul posto fin dalle prime ore del mattino. Intorno alle sei del pomeriggio, secondo il racconto dei testimoni oculari, una palla di cannone rimbalzava sul muro e feriva orribilmente un giovane soldato che spirava di lì a poco, per un’emorragia inarrestabile. Un ufficiale si gettava su quel corpo in preda alla più profonda disperazione: il soldato era Colomba, l’ufficiale era Luigi. Tutti i testimoni sono concordi nel ricordare le strazio a cui si abbandonò il poveretto quando si accorse che la sua inseparabile compagna se ne era andata per sempre. Un paio di mesi più tardi, nell’agosto del 1849, Luigi Mercantini, il poeta che riuscì a far penetrare gli ideali risorgimentali e il mito garibaldino nell’anima popolare italiana, compose l’ode "Una madre romana alla sepoltura di Colomba Antonietti Porzio". La poesia è tutta un crescendo di sentimenti patriottici, ma purtroppo Mercantini non aggiungeva granché a quello che già si sapeva sull’eroina, tranne il particolare che la ferita mortale era al fianco destro, come avrebbe confermato molto tempo più tardi anche Luigi Porzi e come si legge nel rapporto dell’ospedale di Santa Maria dei Sette Dolori, dove la giovane era giunta ormai cadavere.

Annalisa Venditti, con a fianco la piccola Elisabetta, ha letto l’ode di Mercantini ai presenti, che l’hanno ascoltata attenti e commossi. Ecco un toccante passaggio: "Ma l’ora di Colomba era venuta! / La gloriosa, ohimé! dovea morir!/ Roma da tutte parti è combattuta, / E più di un muro già si vede aprir. / Il percosso bastion la mia guerriera / S’affretta, ove più crolla, a riparar; / Ma senza posa dall’ostil trincera / S’ode il tuono e si vede folgorar. / Sul destro fianco la succinta gonna / Una riga di sangue a lei segnò, / E bianca in viso la leggiadra donna / Di Luigi nel sen si abbandonò. / Fa croce al petto delle mani e dice: / - Luigi, addio! ricordati di me! / lo muoio per la patria! assai felice! / A lei rendo la vita che mi dié. / Guardò ancora il suo sposo e gli sorrise, / Quasi aprir gli volesse un suo disir: / Poi tutta in cielo a riguardar si mise / E immobil si rimase in un sospir".

A conclusione della manifestazione, sono state deposte ai piedi del busto delle rose, i fiori che sono entrati da tempo a far parte di una poetica leggenda: il giorno dopo la sua morte, Colomba fu portata nella chiesa di San Carlo ai Catinari e tumulata nella Cappella di Santa Cecilia. Si dice che durante il corteo funebre attraverso le vie di Trastevere la bara venisse ricoperta di rose, bianche come la purezza, ma anche bianche come la colomba di cui porta il nome, particolare riferito dal Rusconi e dopo di lui da molti altri, ma poco verosimile.

di Antonio Venditti

20 giugno 2012

 

 

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