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E’ finalmente al Gianicolo Paolo Narducci

Con una cerimonia spontanea, semplice ma suggestiva, i resti mortali di Paolo Narducci - giovanissimo tenente d’artiglieria ferito mortalmente il 30 aprile del 1849 durante la prima battaglia in difesa della Repubblica Romana – sono stati accompagnati nel Mausoleo Ossario del Gianicolo.

Considerato il primo caduto per Roma repubblicana, Paolo Narducci è stato l’ultimo a raggiungere i suoi fratelli di credo e di armi, dopo 163 anni di permanenza nella tomba di famiglia al Verano. La tumulazione è avvenuta alla presenza di numerosi discendenti dell’eroe, tra cui Mirna Verger, suo marito Carlo De Angelis e sua figlia Doina, Marcello Caretti, Bruna Conti con il marito, nipote di Beatrice Narducci. Tra gli intervenuti, Francesca Bertozzi, responsabile del Sacrario Gianicolense, la sua collega Romaniello, Cinzia Dal Maso con la figlia Annalisa Venditti, il custode Panichelli, gli appartenenti all’associazione "Garibaldini per l’Italia" Monica Simmons e Gianni Blumthaler, con il loro vice presidente Alberto Mori e il presidente Paolo Macoratti.

Davanti alla cassetta di Paolo Narducci, coperta da un piccolo cuscino di fiori tricolori, l’architetto Macoratti ha ricordato la figura del giovane caduto, spiegando come la sua breve vita sia stata esemplare, soprattutto se comparata con quella dei militari che non aderirono, come lui fece senza esitazione, alle forze della Repubblica Romana, minacciata da ben quattro eserciti europei. "Di questi rifiuti, spesso opportunistici – ha detto - è utile ricordare quello dell’architetto Andrea Busiri Vici che dalle vicende belliche trasse grandi vantaggi, consistenti in prestigiosi incarichi professionali che Pio IX, riconoscente, gli elargì durante la restaurazione dello Stato della Chiesa, come l’edicola ai caduti Francesi e l’Arco dei Quattro Venti, all’interno di Villa Pamphili".

Paolo Narducci era nato a Roma l’8 giugno del 1829 da Teresa Maciucchi e Francesco, "mercante di campagna", ed era stato battezzato in San Pietro. Aveva studiato con profitto prima disegno all’Accademia di San Luca, poi filosofia e matematica a La Sapienza. Il 23 ottobre del 1848 sostenne l’esame per diventare cadetto di artiglieria, risultando il migliore.

Appena saputo dello sbarco delle truppe di Oudinot a Civitavecchia aveva chiesto e ottenuto da Ludovico Calandrelli di essere mandato in prima linea. Si rese subito conto che la via Aurelia, da cui sicuramente sarebbe giunto il nemico, era difesa solo da due obici posti in cannoniere male costruite. Quindi avvertì il comando militare della difesa dell’esistenza di una strada che girava alle falde di Monte Mario e poteva essere usata dal nemico per sorprendere porta Angelica. Rilevò che la porta Pertusa era debolmente murata e chiese urgenti provvedimenti anche in quel punto. Il giorno dello scontro seppe battersi come un vecchio soldato, finché un proiettile lo raggiunse al petto. Fu portato al vicino ospedale di Santo Spirito, dove spirò il 2 maggio, alle due e mezza del mattino.

di Cinzia Dal Maso

29 agosto 2012

 

 

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