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Il Risorgimento dei romani

Gaetano  Tognetti

Il 22 ottobre 1867 una terribile esplosione risuonò per le vie e le piazze di Roma: una mina aveva fatto saltare in aria una parte della caserma Serristori, uccidendo 23 zuavi pontifici e 5 ignari cittadini che si trovavano a passare in quella parte di Borgo. A seguito di una delazione, furono accusati dell’attentato due giovani muratori: Giuseppe Monti, di Fermo, trentatreenne, sposato e con un figlio piccolo, e Gaetano Tognetti, un romano di appena ventitré anni, che con il suo lavoro manteneva i genitori e quattro fratelli più piccoli. Nel processo che seguì, il giudice inquirente calcò la mano sul fatto che i due imputati erano poverissimi e vivevano delle loro braccia meschinamente, quindi avevano un movente per abbracciare il partito del disordine. Condannati a morte, i due patrioti rimasero in carcere 13 mesi, quindi, il 24 novembre del 1868, all’alba, vennero portati su un cocchio chiuso in piazza dei Cerchi, presso il Velabro, dove era stato montato il palco con la ghigliottina. Mastro Titta, il famigerato boia di Roma, era ormai in pensione da qualche anno. Lo sostituiva un suo aiutante, Antonio Balducci, che indossava – come di consueto – una veste scarlatta. Ad assistere allo spettacolo un folto gruppo di zuavi, ma non il popolo, tenuto lontano. Monti, che volle salire sul palco scalzo, fu giustiziato alle 7. Stessa sorte toccò a Tognetti, appena due minuti dopo. Il boia raccolse le due teste e, tenendole per i capelli, le mostrò agli zuavi, che fecero rullare i loro tamburi: questa fu l’ultima esecuzione dello Stato Pontificio, a meno di due anni dalla breccia i Porta Pia. A Monti e Tognetti Giosuè Carducci dedicò una vibrante lirica piena di rancore per Pio IX, al quale diceva, tra l’altro: "Ma tu co ’l pugno di peccati onusto / Calchi a terra quei capi, empio signor, / E sotto al sangue del paterno busto / De le tenere vite affoghi il fior. / Tu su gli occhi de i miseri parenti / (E son tremuli vegli al par di te) / Scavi le fosse a i figli ancor viventi. / Chierico sanguinoso e imbelle re".

Il monumento funebre di Gaetano Tognetti, voluto dalla famiglia del giovane dopo il 1870, si trova al cimitero del Verano, nel riquadro 12 del Pincetto vecchio. E’ un sobrio cippo su base ottagonale. Sulla fronte è l’iscrizione, mentre sugli altri tre lati è incisa una corona di foglie di quercia. Sopra al cippo è sistemato un dado che termina con delle fiamme, circondato da una corona bronzea di foglie d’edera e di ulivo.

La caserma Serristori c’è ancora, nonostante gli sventramenti che in epoca fascista interessarono la cosiddetta "spina di Borgo". Il palazzo tardo rinascimentale - costruito a partire dal 1565 da Averardo Serristori (ambasciatore di Cosimo Medici presso Pio IV) e in seguito acquistato dalla Camera Apostolica – nel 1870 fu occupata dalle truppe italiane. Con i Patti Lateranensi tornò alla Santa Sede e dal 1930, dopo la sistemazione di Alberto Calza Bini, è sede della scuola pontificia Pio IX.

di Cinzia Dal Maso

31 agosto 2011

 

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