Il
problema dell’immondizia, che affligge le città moderne, si faceva sentire anche
nell’antica Roma. Non sappiamo di preciso come i nostri progenitori avessero
organizzato lo smaltimento dei rifiuti, ma è sicuro che fosse compito degli
edili presiedere la pulizia del suolo pubblico. Questi - almeno in epoca
imperiale - avevano delle autorità a loro subordinate, quattro "curatores viarum",
due per la città e due per la periferia, che controllavano lo stato di vie e
piazze e invitavano i cittadini a tenere sgombra la parte davanti alle loro
case, come stabilito dalla legge. Se poi qualcuno faceva orecchio da mercante,
le autorità potevano incaricare della pulizia un imprenditore privato e
addebitare la spesa ai proprietari negligenti. Nel "Digesto" si leggeva che
nulla doveva essere esposto dinanzi alle officine e che non si dovevano gettare
nelle strade sterco, cadaveri o pelli d'animali, anche se poi spesso cani e
uccelli, nutrendosi di rifiuti, contribuivano alla loro eliminazione.
Giulio Cesare,
nell'editto di Eraclea, aveva persino bandito una gara d'appalto pubblico per la
pulizia delle strade, ripartendo le spese a metà tra amministrazione pubblica e
padroni delle case.
Secondo Svetonio,
il giovane Vespasiano sarebbe stato fatto imbrattare dall'imperatore Caligola
con il fango raccolto nelle vie da lui non adeguatamente curate.
In effetti non
sappiamo dove fossero portati i rifiuti, né come venissero smaltiti, anche se la
lex Iulia Municipalis, del 45 a. C., parla di "carri per l’immondizia". Una
buona parte di loro era eliminata attraverso le fogne, di cui tutte le grandi
città erano dotate. A Pompei, ad esempio, un gran numero di case poteva godere
dell’allacciamento diretto alla fogna pubblica: un sistema addirittura più
efficiente di quello della stessa Roma, dove comunque funzionavano la cloaca
maxima e altri sei canali di scarico, definiti da Plinio "l’opera in assoluto
più grandiosa". Il sistema era sottoposto regolarmente a manutenzioni e
riparazioni, affinché le sue esalazioni non ammorbassero l’aria o eventuali
intasamenti non recassero danni a edifici o strade. Nelle fogne si gettava
veramente di tutto: i soldati cercarono persino di introdurvi il cadavere di un
Imperatore, Elagabalo, anche se il tentativo fallì a causa dell’imboccatura
troppo stretta.
Fatto sta che era
tanta la massa di rifiuti che finiva nel Tevere, che a ogni piena del fiume
venivano depositati sulle rive pelli di animali, carogne e varia immondizia, che
mandavano un odore nauseabondo.
Per il resto, la
gente si arrangiava aspettando il favore delle tenebre per lanciare dalle
finestre, senza essere veduta, ogni tipo di porcheria. Bene lo sapeva Giovenale
che, pur con qualche esagerazione raccomandava in una satira di non uscire di
casa nottetempo senza aver prima fatto testamento, perché "ti minacciano di
morte tutte le finestre che si aprono" C’era da augurarsi che sul capo del
malaugurato passante si riversasse solo il contenuto di un vaso da notte, il "matella",
un utensile immancabile in ogni abitazione, che si sarebbe dovuto vuotare in un
contenitore per urina collocato per le scale, in latrina o in una fossa. In
effetti dalle case plebee poteva cadere di tutto e il pericolo aumentava nelle
strade più strette.
Da ogni parte
piovevano rottami, spazzatura, porcherie varie e chi si trovava a passare poteva
ritenersi fortunato se rimaneva infradiciato o con qualche lieve ammaccatura.
Sempre secondo Giovenale, occorreva anche considerare da quale altezza
precipitasse un coccio a fracassare la testa e quanto fosse frequente il lancio
di vasi incrinati o rotti, così pesanti da lasciare il segno persino sul
selciato.
Un editto del
pretore stabiliva che tutti i coinquilini fossero responsabili dei danni che
qualunque cosa solida (deiectum) o liquida (effusum) potesse causare. La
giurisprudenza imperiale stabiliva il diritto del cittadino di passeggiare senza
paura o pericolo. Ma poi, se qualcuno moriva per i danni causati da un incauto
lancio dalla finestra, agli eredi non rimaneva che cercare di esigere dai
responsabili un indennizzo di 50 aurei.
Dell’argomento si è
parlato a Nuova Spazio Radio (88.100 MHz), a "Questa è Roma", il
programma ideato e condotto da Maria Pia Partisani, in studio con Livia
Ventimiglia il martedì dalle 14 alle 15 e in replica il sabato dalle 10 alle 11.