Sulla
parete sinistra dell’atrio della chiesa di Sant’Eustachio, a due passi dal
Pantheon, un monumento funebre attrae l’attenzione soprattutto per il medaglione
bronzeo che ritrae un uomo un piuttosto corpulento, dall’aspetto bonario, con
lunghi capelli e una barba fluente. L’epigrafe avverte che si tratta di Filippo
Chiappini, "dottore in medicina, cultore insigne della letteratura classica,
docente delle scienze fisiche e matematiche, valente ed arguto poeta romanesco,
delle cose teatrali conoscitore profondo". Filippo era nato il 6 novembre 1836
nella vecchia e sonnolenta Roma papalina. Il padre, Francesco, aveva una bottega
di barbiere presso la piazzetta dove è sistemata la famosa statua parlante di
Pasquino, alla quale affiggeva di nascosto arguti epigrammi e pasquinate sia in
italiano che in latino, eludendo la vigilanza della polizia pontificia, che pure
lo teneva sott’occhio. Grazie a questo esempio, Filippo affinò la sua arguzia e
il suo gusto dell’improvvisazione, mentre si laureava in medicina. Esercitò a
lungo la professione medica, sia a Roma che nella provincia. Per due anni fu
medico condotto di Turrita Sabina. Il contatto con il popolino romano che
ricorreva alle sue cure lo affascinava, spingendolo a studiarne i caratteri e la
cultura. Nel 1873 prese la cattedra di fisica e igiene alla scuola superiore
femminile Erminia Fuà Fusinato, un lavoro tranquillo che
gli permetteva di portare avanti i suoi studi nella stanza che aveva preso in
subaffitto in via della Palombella, dalla quale usciva per cercare tra la gente
il materiale con cui compilare le schede sul dialetto romanesco o gli spunti per
i suoi sonetti dialettali. A volte andava a giocare a scopa con gli amici nella
farmacia Riccardi di via della Scrofa. Fu amico del giovane Trilussa, a cui però
rimproverava di snaturare il dialetto romanesco, imborghesendolo. Tutti i suoi
critici sono concordi nel considerare il Chiappini il poeta romanesco più vicino
al Belli, anche se i suoi circa duecento sonetti non raggiunsero mai la forza e
la potenza espressiva del "Commedione", rimanendo piuttosto bozzetti d’ambiente,
ripresi dal vivo, pieni di dialoghi, scene e fatti della vita di tutti giorni.
Modesto e schivo, in vita volle pubblicare solo due brevi scritti, la Storia di
Gaetanaccio e quella di un teatrante romano, Luigi Rondanini. Aveva appreso le
vicende e gli aneddoti sul burattinaio Gaetano Santangelo, detto Ghetanaccio,
dalla viva voce di vecchi popolani.
Collaborò con Luigi
Morandi all’edizione quasi completa dei sonetti del
Belli: un "preziosissimo aiuto" nella revisione e correzione delle bozze di
stampa. Ma il nome del Chiappini è indissolubilmente
legato al suo Vocabolario romanesco: più di cinquemila schede pubblicate solo
dopo la sua morte a cura di Bruno Migliorini, compilate nell’ultimo periodo
della sua vita, quando una grave forma di artrite lo costrinse quasi
all’immobilità. Nel silenzio della sua stanza, Chiappini raccolse e catalogò non
solo le voci tratte dai sonetti del Belli, ma anche e soprattutto quelle del
popolo, in un momento molto delicato per Roma, che, diventata capitale d’Italia,
si andava rapidamente e radicalmente trasformando.
Lo studioso distingueva perfino i vocaboli della lingua parlata da quelli
scritti, comprendendo termini burocratici e scientifici. Le schede riportano
anche la storia dei termini. Veramente lodevole era il tentativo di identificare
lo strato sociale da cui ogni termine o locuzione proveniva, mostrando, ad
esempio, la differenza tra il parlare "ciovile" della borghesia e il vernacolo
della plebaglia trasteverina.
Sempre postumi
vennero dati alle stampe una parte (176) dei suoi sonetti romaneschi, a cura del
nipote Gino, figlio del fratello Michele.
Molti dei suoi
scritti e dei suoi appunti restano inediti, come la prima parte di una "Vita
dei barbieri romani", compilata in memoria del padre. Ci sono poi molti
versi in lingua, epigrammi, traduzioni e versi
latini. Gli appunti di folclore romano e le trascrizioni di canti popolari hanno
titoli come "Costumi romani", "Scherzi trasteverini", "Scherzi dal vero".
Filippo Chiappini
morì nella sua amata Roma il 9 agosto del 1905.
Dell’argomento si
parlerà a Nuova Spazio Radio (88.100 MHz), a "Questa è Roma", il
programma ideato e condotto da Maria Pia Partisani, in studio con Livia
Ventimiglia il martedì dalle 14 alle 15 e in replica il sabato dalle 10 alle 11.