Fino
al prossimo 13 settembre, le splendide sale del Museo di Roma di
Palazzo Braschi ospiteranno la mostra "Umberto Prencipe 1879 – 1962.
Realtà e visione", a cura di Teresa Sacchi Lodispoto e Sabrina
Spinazzè e realizzata per celebrare la donazione al Museo di Roma di
176 opere dell’artista da parte di sua figlia, Giovanna Prencipe.
L’esposizione, promossa dal Comune di
Roma Assessorato alle Politiche Culturali, Sovraintendenza ai Beni
Culturali con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura, si divide
in sei sezioni, per un totale di 121 opere, tra dipinti e incisioni.
Il percorso inizia con il primo
Novecento, quando Prencipe fu tra i pittori che aggiornarono il
linguaggio artistico in chiave simbolista, evidenziando al contempo
una particolare impronta crepuscolare, certo condizionata
dall’infanzia trascorsa all’interno delle carceri di cui il padre
era direttore, dove visse in stretto contatto con la solitudine e
con la sofferenza, dalla letteratura del tempo e dai lunghi
soggiorni nel silenzio di Orvieto.
La componente simbolista-crepuscolare
si attenuò nel secondo decennio del secolo a favore di modi più
naturalistici, in cui Prencipe recupera l'eredità di certa pittura
ottocentesca, reinterpretandola con un occhio alle esperienze della
Secessione e all'insegnamento cezanniano. Le vedute di Orvieto, ma
anche i paesaggi eseguiti in questo periodo in Toscana, a Roma,
Procida, Sorrento, Ischia e Napoli, mostrano una struttura
dell'immagine più ferma e costruita e, spesso, accensioni cromatiche
di marca francese.
Se la figura umana rimane assente
dalle sue opere, il vuoto non è più forma drammatica di solitudine
bensì espressione di un rapporto di intima consonanza con l'ambiente
e di una "estetica del silenzio", con cui l’artista si immette in
maniera personale nel paesaggismo del Novecento.
Con gli anni Quaranta la sua pittura
diventa più libera, meno strutturata. Ormai Prencipe vive a Roma,
dove dal 1936 insegna all’Accademia di Belle Arti, e qui ritorna su
molti motivi tipici della sua produzione giovanile con opere dal
timbro intenso e struggente, ricco di effetti di controluce,
testimoniate proprio dalla selezione di opere donate al Museo di
Roma.