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L’affresco a Palazzo Barberini, ideale configurazione astrale

Il domenicano Tommaso Campanella ispirò la Divina Sapienza del Sacchi

di Antonio Venditti

 

Nel soffitto di una sala della Galleria Nazionale a Palazzo Barberini è la più grande opera decorativa di Andrea Sacchi (1599-1661), l’affresco con la Divina Sapienza, i cui studi sono custoditi nel Kunstmuseum di Dusseldorf.

Il soggetto di questa pittura, che trova la sua prima spiegazione con il Libro della Sapienza di Salomone, è posto in rapporto con il pontefice Urbano VIII Barberini (1623-44) e la sua famiglia.

Nel cielo, su di un trono al di sopra di chiare nuvole, siede una giovane donna, con il capo cinto da una corona di stelle, splendente della luce eterna. Sul suo petto brilla il sole a significare la potenza creatrice della Divinità e a ricordare anche un elemento dello stemma dei Barberìni. Nella sinistra regge uno specchio immacolato, nella destra tiene lo scettro del comando. Sotto la Divina Sapienza si trovano le personificazioni dei suoi nobili attributi, undici figure muliebri che conversano tra loro, disposte in semicerchio. Procedendo da sinistra a destra si vede: la Nobiltà con la Corona di Arianna, l’Eternità con il serpente, la Giustizia con la bilancia, la Forza con la clava di Ercole, la Soavità con la lira, la Divinità con il triangolo, la Beneficenza con la spiga di grano e oltre la Divina Sapienza, la Santità con l’altare ardente. E ancora, la Purezza con il cigno, la Perspicacia con l’aquila, la Bellezza con la chioma di Berenice. Sopra le figure aleggiano Amore con un leone e la Paura che caccia una lepre.

In basso, quasi ai piedi della Divina Sapienza, è il globo terrestre, sul quale piovono tutte le benedizioni e le fortune che provengono da quel celeste concilio.

Quest’affresco concretizza il pensiero degli avversari di Pietro da Cortona che affermavano come la pittura dovesse essere semplice e chiara. Il contrasto tra la volta del salone – opera del Cortona - e questa pittura è significativo. Là folla di figure, tumulto di membra e di drappi; qui una disposizione studiata e accademica di figure in posa. L’occhio è scarsamente ingannato dalla prospettiva, mancano la sorpresa e la meraviglia.

Non manca però il senso barocco della linea che si avverte nella cura della bellezza formale, nella disposizione e negli atteggiamenti delle figure: conferma della sconfinata ammirazione che il Sacchi nutriva per Raffaello.

La Divina Sapienza, eseguita tra il 1629 e il 1633 (o 1631), venne molto lodata dai contemporanei e ricordata con una lapide in San Giovanni in Laterano.

Alla lettura di questa complessa composizione allegorica contribuiscono quattro fonti letterarie: un documento scoperto da Giovanni Incisa della Rocchetta, l'opera di Gerolamo Teti "(us) Aedes Barberinae ad Quirinalem" del 1642. Inoltre, la "Vita d'Andrea Sacchi" scritta da Giovanni Pietro Bellori e l'opera Le Vite de' pittori scultori ed architetti dall'anno 1641 all'anno 1673, di Giovanni Battista Passeri, pubblicato a Roma nel 1772.

Il primo di questi testi costituisce il punto di partenza per un’interpretazione iconografica dell'affresco di Sacchi, alla cui base vi è il concetto filosofico dell'idea del Trionfo nella sua veste mistica, per cui l'allegoria della Divina Sapienza è la trasposizione visiva della glorificazione del nome dei Barberini.

George S. Lechner, superando i limiti dell'analisi iconografica, ha offerto però una interpretazione iconologica dell'affresco di Sacchi. Comparando alcuni attributi della Divina Sapienza, le figure delle giovani donne e le relative costellazioni del firmamento, ha concluso che l'affresco rappresenta il cielo di stelle del 6 agosto 1623, il giorno in cui Urbano VIII diventò papa.

Questo cielo artificiale, fissato nel momento ottimale di una felicità astrologica della sua vita, avrebbe dovuto avere la funzione di un talismano a protezione delle influenze negative di Marte e Saturno nei momenti dell'eclisse solare e lunare. La considerazione di Lechner che proprio in quel periodo il lavoro di Sacchi venne realizzato è il principale elemento alla definitiva conclusione che, così dipinta, la volta della Sala della Divina Sapienza con la sua ideale configurazione astrale abbia offerto un sicuro rifugio al papa che, al momento dell'eclisse solare, stando sotto l'affresco di Sacchi poteva, senza pericolo, osservare il sole nella sua gloria astrologica. Per Lechner il probabile ideatore e organizzatore di questo magico rituale sarebbe stato Tommaso Campanella, come ha spiegato nel 1976 in " Art Bulletin".

La testimonianza di una simile trama è nella dettagliata descrizione del supplemento al suo libro "Astrologicorum Libri VI", dal titolo "De Siderali Fato vitando".

La particolare posizione di Campanella nel periodo di permanenza a Roma (1626- 1634) fa di lui il principale consigliere di Urbano VIII in questioni di magia e astrologia: perciò è innegabile la sua influenza sulla corte dei Barberini.

Infatti dal momento del suo arrivo a Roma le sue speranze escatologiche si concentrarono sul papa, così come il concetto centrale delle sue teorie teo-politiche divenne con più precisione una universale monarchia cattolica in cui la dominanza di un'armonia tra la religione e la politica sarebbe stata rappresentata dal papa come sommo capo.

Nell'opinione di Campanella il regno di Urbano VIII era la realizzazione della Città del Sole sulla terra e il Papa, il cui personale simbolo era il sole, la personificazione degli ideali di filosofi, papi e re della sua comunità utopistica.

La considerazione finale di Lechner è che questa universale monarchia papale, il cui modello era l'ordine divino del cosmo, si ritrova tutta nello spirito dell'affresco della Divina Sapienza. Un’indicazione decisamente notevole. Lechner ha dato nell'aspetto solare e astrologico della simbologia della composizione di Sacchi la più praticabile lettura.

Del resto a fondamento del sistema astrologico di Campanella e del suo ermetismo religioso si trovano le teorie di Marsilio Ficino al loro livello più profondo. In questo senso l'ipotesi di Lechner si raccorda con il pensiero filosofico del neoplatonismo. A partire dal fondamento astrologico del simbolismo dell'affresco, Lechner non esita a concludere che l'ideatore del progetto sia stato Tommaso Campanella, in assonanza con Scott che ha sostenuto come la scelta delle costellazioni e la loro posizione fossero dettate da una interpretazione astrologica elaborata per l’occasione dal domenicano calabrese.

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