Nel
soffitto di una sala della Galleria Nazionale a Palazzo Barberini è la più
grande opera decorativa di Andrea Sacchi (1599-1661), l’affresco con la Divina
Sapienza, i cui studi sono custoditi nel Kunstmuseum di Dusseldorf.
Il soggetto di questa pittura, che
trova la sua prima spiegazione con il Libro della Sapienza di Salomone, è posto
in rapporto con il pontefice Urbano VIII Barberini (1623-44) e la sua famiglia.
Nel cielo, su di un trono al di
sopra di chiare nuvole, siede una giovane donna, con il capo cinto da una corona
di stelle, splendente della luce eterna. Sul suo petto brilla il sole a
significare la potenza creatrice della Divinità e a ricordare anche un elemento
dello stemma dei Barberìni. Nella sinistra regge uno specchio immacolato, nella
destra tiene lo scettro del comando. Sotto la Divina Sapienza si trovano le
personificazioni dei suoi nobili attributi, undici figure muliebri che
conversano tra loro, disposte in semicerchio. Procedendo da sinistra a destra si
vede: la Nobiltà con la Corona di Arianna, l’Eternità con il serpente, la
Giustizia con la bilancia, la Forza con la clava di Ercole, la Soavità con la
lira, la Divinità con il triangolo, la Beneficenza con la spiga di grano e oltre
la Divina Sapienza, la Santità con l’altare ardente. E ancora, la Purezza con il
cigno, la Perspicacia con l’aquila, la Bellezza con la chioma di Berenice. Sopra
le figure aleggiano Amore con un leone e la Paura che caccia una lepre.
In basso, quasi ai piedi della
Divina Sapienza, è il globo terrestre, sul quale piovono tutte le benedizioni e
le fortune che provengono da quel celeste concilio.
Quest’affresco concretizza il
pensiero degli avversari di Pietro da Cortona che affermavano come la pittura
dovesse essere semplice e chiara. Il contrasto tra la volta del salone – opera
del Cortona - e questa pittura è significativo. Là folla di figure, tumulto di
membra e di drappi; qui una disposizione studiata e accademica di figure in
posa. L’occhio è scarsamente ingannato dalla prospettiva, mancano la sorpresa e
la meraviglia.
Non manca però il senso barocco
della linea che si avverte nella cura della bellezza formale, nella disposizione
e negli atteggiamenti delle figure: conferma della sconfinata ammirazione che il
Sacchi nutriva per Raffaello.
La Divina Sapienza, eseguita tra
il 1629 e il 1633 (o 1631), venne molto lodata dai contemporanei e ricordata con
una lapide in San Giovanni in Laterano.
Alla lettura di questa complessa
composizione allegorica contribuiscono quattro fonti letterarie: un documento
scoperto da Giovanni Incisa della Rocchetta, l'opera di Gerolamo Teti "(us)
Aedes Barberinae ad Quirinalem" del 1642. Inoltre, la "Vita d'Andrea
Sacchi" scritta da Giovanni Pietro Bellori e l'opera Le Vite de' pittori
scultori ed architetti dall'anno 1641 all'anno 1673, di Giovanni Battista
Passeri, pubblicato a Roma nel 1772.
Il primo di questi testi
costituisce il punto di partenza per un’interpretazione iconografica
dell'affresco di Sacchi, alla cui base vi è il concetto filosofico dell'idea del
Trionfo nella sua veste mistica, per cui l'allegoria della Divina Sapienza è la
trasposizione visiva della glorificazione del nome dei Barberini.
George S. Lechner, superando i
limiti dell'analisi iconografica, ha offerto però una interpretazione
iconologica dell'affresco di Sacchi. Comparando alcuni attributi della Divina
Sapienza, le figure delle giovani donne e le relative costellazioni del
firmamento, ha concluso che l'affresco rappresenta il cielo di stelle del 6
agosto 1623, il giorno in cui Urbano VIII diventò papa.
Questo cielo artificiale, fissato
nel momento ottimale di una felicità astrologica della sua vita, avrebbe dovuto
avere la funzione di un talismano a protezione delle influenze negative di Marte
e Saturno nei momenti dell'eclisse solare e lunare. La considerazione di Lechner
che proprio in quel periodo il lavoro di Sacchi venne realizzato è il principale
elemento alla definitiva conclusione che, così dipinta, la volta della Sala
della Divina Sapienza con la sua ideale configurazione astrale abbia offerto un
sicuro rifugio al papa che, al momento dell'eclisse solare, stando sotto
l'affresco di Sacchi poteva, senza pericolo, osservare il sole nella sua gloria
astrologica. Per Lechner il probabile ideatore e organizzatore di questo magico
rituale sarebbe stato Tommaso Campanella, come ha spiegato nel 1976 in " Art
Bulletin".
La testimonianza di una simile
trama è nella dettagliata descrizione del supplemento al suo libro "Astrologicorum
Libri VI", dal titolo "De Siderali Fato vitando".
La particolare posizione di
Campanella nel periodo di permanenza a Roma (1626- 1634) fa di lui il principale
consigliere di Urbano VIII in questioni di magia e astrologia: perciò è
innegabile la sua influenza sulla corte dei Barberini.
Infatti dal momento del suo arrivo
a Roma le sue speranze escatologiche si concentrarono sul papa, così come il
concetto centrale delle sue teorie teo-politiche divenne con più precisione una
universale monarchia cattolica in cui la dominanza di un'armonia tra la
religione e la politica sarebbe stata rappresentata dal papa come sommo capo.
Nell'opinione di Campanella il
regno di Urbano VIII era la realizzazione della Città del Sole sulla terra e il
Papa, il cui personale simbolo era il sole, la personificazione degli ideali di
filosofi, papi e re della sua comunità utopistica.
La considerazione finale di
Lechner è che questa universale monarchia papale, il cui modello era l'ordine
divino del cosmo, si ritrova tutta nello spirito dell'affresco della Divina
Sapienza. Un’indicazione decisamente notevole. Lechner ha dato nell'aspetto
solare e astrologico della simbologia della composizione di Sacchi la più
praticabile lettura.
Del resto a fondamento del sistema
astrologico di Campanella e del suo ermetismo religioso si trovano le teorie di
Marsilio Ficino al loro livello più profondo. In questo senso l'ipotesi di
Lechner si raccorda con il pensiero filosofico del neoplatonismo. A partire dal
fondamento astrologico del simbolismo dell'affresco, Lechner non esita a
concludere che l'ideatore del progetto sia stato Tommaso Campanella, in
assonanza con Scott che ha sostenuto come la scelta delle costellazioni e la
loro posizione fossero dettate da una interpretazione astrologica elaborata per
l’occasione dal domenicano calabrese.