Per
molti romani è il simbolo stesso della Rai, il grande cavallo
morente in bronzo patinato che si erge nel giardino davanti alla
sede della Direzione Generale di viale Mazzini. Le zampe posteriori
già piegate a terra, il nobile animale fa un disperato tentativo per
rialzarsi puntando al suolo le zampe anteriori, mentre con il collo
irrigidito e il muso rivolto verso il cielo esprime in un poderoso
nitrito tutto il suo dolore.
La scultura fu commissionata al grande artista siciliano Francesco
Messina nel 1964 dall’allora direttore generale della Rai Bernardi e
venne realizzata sotto la guida del Maestro dalla fonderia Battaglia
di Milano con la tecnica a cerca persa: il bozzetto venne riprodotto
mediante assicelle di legno ancorate a un’armatura in ferro, sulle
quali fu stesa la cera per modellare l’opera. Ci vollero due anni di
duro lavoro per condurre a termine la scultura, che fu finalmente
inaugurata là dove tutti la possono ancora vedere il 5 novembre
1966, non senza aver prima compiuto un avventuroso viaggio da Milano
a Roma sull’Autostrada del Sole. Fu persino necessario tagliare la
coda, troppo sporgente, per poi risaldarla direttamente a viale
Mazzini. In effetti, molti problemi furono dovuti alle imponenti
misure: 4,60 metri di altezza per 5,50 di lunghezza, mentre il peso
del cavallo e della sua base arriva a 25 quintali. La scultura è
sorretta internamente da sbarre di ferro e poggia su 4 longheroni,
sempre di ferro, incassati nel terreno. Come ebbe modo di dichiarare
lo stesso Messina, rappresenta un cavallo ferito nella lotta con
altri cavalli nel momento in cui esprime il massimo della sua
energia "come un cigno il suo canto più bello prima di morire". La
superficie del metallo rifinita alla perfezione rispecchia il credo
artistico di Messina, teso a un esplicito e a volte polemico
recupero della grande tradizione classica e rinascimentale.
Dopo circa 40 anni trascorsi all’aperto, a contatto con
l’inquinamento e lo smog, all’inizio del nuovo millennio la scultura
presentava non pochi problemi di conservazione. Il Maestro, infatti,
aveva voluto dare alla sua opera una patina leggerissima e
trasparente per esaltare la sensibilità plastica e luminosa della
superficie del bronzo: così facendo però aveva finito quasi con
l’annullare la funzione protettiva della patina, esponendo il
metallo all’aggressione degli agenti di corrosione: incrostazioni
carboniose e sottili patine incoerenti e disomogenee a causa delle
scolature di pioggia "acida" avevano fatto assumere alle superfici
un deturpante aspetto "zebrato". Per fermare il processo di degrado
si era reso necessario rimuovere le incrostazioni corrosive e
garantire poi alla superficie del bronzo una adeguata protezione.
L’Istituto Centrale del Restauro, prima di intervenire direttamente
sul cavallo, ha fatto effettuare presso i suoi Laboratori
scientifici tutte le indagini e le analisi necessarie, quindi ha
dato il via ad alcuni saggi di pulitura sulla superficie del bronzo.
Un intervento di pulitura generalizzato ha quindi consentito di
recuperare superfici cromaticamente più omogenee, coperte da un
doppio strato di protettivo, che dovrà essere controllato ed
eventualmente ripristinato per impedire che riprenda il processo di
deterioramento. Il lavoro, che è durato sei mesi, ha richiesto
l’impegno continuativo di due restauratori e di quattro allievi
restauratori, oltre all’opera del direttore dei lavori, di sette
specialisti scientifici, di due fotografi, di una documentatrice
grafica e di due esperti amministrativi
Ben pulito e tirato a lucido, il cavallo avrà pensato di avere
davanti a sé lunghi anni tranquilli e persino noiosi, a dispetto di
quella scomoda posizione in cui lo scultore l’aveva condannato per
l’eternità. Invece, nel gennaio del 2005 ecco una nuova nube
addensarsi sulla sua testa. Sulla pancia dell’ignaro animale era
comparsa una minacciosa scritta: "Bene sottoposto a pignoramento
giudiziario". Che cosa era successo? Quattro dipendenti con
contratto a termine della Tv di Stato, tre parrucchieri-truccatori e
una costumista, avevano fatto causa per il reintegro ottenendo un
risarcimento di 80 mila euro, che però la Rai si era rifiutata di
pagare. L’avvocato dei quattro aveva così pensato di procedere al
pignoramento del cavallo, certo una provocazione, che non ha però
mancato di suscitare un certo imbarazzo e qualche polemica. |