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E’ dei primi del ‘900 la sede delle Assicurazioni Generali di Venezia

Una imitazione di qualità incorona piazza Venezia

 

 

di Antonio Venditti

Ai primi del ‘900 si andava affermando a Roma la Società Generale Immobiliare di Lavori di Utilità Pubblica ed Agricola, presieduta da Marco Besso, peraltro rappresentante di fiducia del Consiglio di amministrazione della Compagnia delle Assicurazioni Generali di Venezia con sede a Palazzo Theodoli, in via del Corso, da tempo alla ricerca di una zona dove costruire una nuova sede.

Fu proprio Besso ad avere l’idea di far edificare dall’Immobiliare il palazzo a uso dell’Istituto assicurativo, completando nel modo più degno e armonico la sistemazione di piazza Venezia voluta dal Sacconi. Il 16 novembre 1900 stipulò con la principessa Anna Maria Torlonia un atto di acquisto dei palazzi da demolire, compreso anche il diritto alla costruzione del nuovo grandioso edificio sull’area liberata fra piazza Venezia, via Cesare Battisti e via dei Fornari.

Il Consiglio di Amministrazione delle Assicurazioni Generali di Venezia nella riunione di Trieste del 14 ottobre 1902 autorizzò l’acquisto del terreno fabbricabile dall’Immobiliare, a cui fu affidata anche la costruzione del palazzo.

Approvato il progetto dalla Commissione Reale per il monumento a Vittorio Emanuele II e da quella del Comune di Roma, si iniziò la costruzione chiamata dal Vergna "la Venezia in piazza Venezia di fronte al palazzo di Venezia".

L’edificio, progettato dall’ingegnere triestino Eugenio Geiringer e costruito fra il 1903 e il 1906, ripete nelle linee architettoniche le caratteristiche fondamentali del prospiciente, quattrocentesco, palazzo Venezia. Infatti Geiringer, seguendo nella progettazione lo stile neomedievale allora in auge, concepì, oltre alla torre angolare di ben 42 metri, la facciata caratterizzata da arcate al pianterreno - dominate da un fregio marcapiano dipinto a chiaroscuro - da una lunga sequenza di bifore romaniche al primo piano, sovrastate da finestrelle e dal leone di S. Marco, in pietra d’Istria, simbolo di Venezia, proveniente da un bastione delle mura di Padova dove ornava la Porta Portello, presso il canale di comunicazione fra la città e Venezia. Rimosso dai Francesi, dopo la caduta della Repubblica di Venezia nel 1797, fu rinvenuto alla metà dell’800 nel canale sottostante. L’antiquario veneziano Marcato lo vendette alla Compagnia delle Assicurazioni Generali, che lo trasferì a Roma, collocandolo sopra la balconata centrale della facciata della nuova sede, coronata per tutti i lati da una merlatura.

Il palazzo ha pianta trapezoidale, disposta intorno ad un vasto cortile porticato, rettangolare, decorato con stucchi e graffiti.

Alla morte del Geiringer avvenuta nel 1904, prima del completamento dell’opera, gli subentrarono gli ingegneri Alberto Menassei e Carlo Scolari.

Le fondazioni, rese problematiche dalla presenza di una falda d’acqua sotterranea, che passando a circa sette metri di profondità a fianco del Foro prosegue fino a via Campo Marzio per entrare poi nel Tevere, furono realizzate con un sistema tipicamente veneziano: vennero poste in opera 3.500 travi di pino d’Oriente, la cui caratteristica consiste nell’indurire in acqua e di non marcire.

I locali al pianterreno, all'angolo con via Cesare Battisti, un tempo ospitavano il famoso Caffè Faraglia in cui mobili in stile, illuminazione elettrica, bagni lussuosi, argenteria e due orchestrine attiravano una clientela facoltosa e raffinata. Ne restò attratto Gabriele D'Annunzio, che in occasione della prima de "La Nave" al Teatro Argentina offrì in questi locali un banchetto memorabile.

Nel Caffè Faraglia fu redatto il primo progetto di Statuto dell’Associazione della Stampa Estera in Italia. L’assemblea si svolse la mattina del 17 febbraio 1912 e i primi 14 giornalisti qui riuniti decisero di costituire un’associazione, con sede a Roma, fra i corrispondenti delle testate giornalistiche estere presenti in Italia, dandone comunicazione a tutti gli Enti che potessero avere interesse di conoscerla.

L'eccessiva sorveglianza e le continue perquisizioni alla quale il locale era soggetto per la presenza nell’antistante palazzo Venezia dell’allora capo del Governo, Benito Mussolini, ne determinò la chiusura nel 1933.

 

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