Furono dispersi al vento i resti degli Scipioni Il loro Sepolcro fu scoperto nel 1780 in una vigna a Porta S. Sebastiano La via Appia, la più importante e antica delle strade consolari romane, usciva dalle mura serviane attraverso la porta Capena e su entrambi i lati, per i primi venti chilometri circa, si allineavano le tombe di illustri e facoltosi cittadini, come quella di Geta, barbaramente ucciso dal fratello Caracalla. Nel 1780 vi fu uno straordinario ritrovamento. I fratelli Sassi, proprietari di una vigna nei pressi di Porta San Sebastiano, nell’effettuare alcuni lavori di sterro, si trovarono di fronte a un’apertura che conduceva in numerosi ambienti sotterranei. Si fecero coraggio ed entrarono procedendo con la massima prudenza alla luce delle fiaccole, finché raggiunsero una grande camera sepolcrale con addossata alle pareti una serie di sarcofagi, con tanto di iscrizioni. I due fratelli, però, non sapevano leggere ed interpellarono alcuni loro amici "colti", ma questi poterono solo costatare che le scritte sui sarcofagi non erano in italiano. Finalmente furono chiamati degli abati, che conoscevano la misteriosa lingua, semplicemente latino. Era stata scoperta la tomba degli Scipioni, l’antichissima famiglia romana a cui erano appartenuti valorosi personaggi, che gli antichi scrittori collocavano proprio "fuori di Porta Capena, a meno di un miglio dalla città". Purtroppo, i fratelli Sassi, nell’affannosa ricerca di oggetti preziosi e di iscrizioni, finirono con il manomettere il monumento. Sembra che nel sarcofago di Lucio Cornelio Scipione Barbato ci fosse ancora lo scheletro del condottiero, abbastanza conservato, persino con un anello al dito. Il pontefice Pio VI Braschi (1775-1799), giunto sul luogo per vedere la grande scoperta, ordinò che tutti i resti mortali del sepolcro fossero dispersi al vento, in una sorta di esorcismo, poiché appartenevano a pagani. Il sarcofago di Lucio Cornelio Scipione Barbato, console dell’anno 298 a.C. e capostipite della famiglia che diede i natali a Scipione l’Africano, fu trasferito ai Musei Vaticani, insieme con molte delle iscrizioni. La Sovrintendenza del Comune di Roma procedette, nel 1926, al consolidamento e al restauro del monumento, sistemando le copie delle iscrizioni funerarie in connessione, per quanto possibile, con i sarcofagi dai quali erano stati asportati gli originali. Il sepolcro, a pianta di forma pressoché quadrata, si presenta come un labirinto di stretti passaggi, con le volte sorrette da quattro grandi pilastri ricavati nel tufo che dividono l’ambiente in quattro gallerie, alle quali se ne incrociano altre due. Lungo le pareti o incassate in esse, furono sistemati i sarcofagi degli Scipioni vissuti tra l'inizio del III e la metà del II sec. a.C. Tra il 150 e il 130 a.C., il sepolcro fu ampliato con l'apertura di una nuova galleria sul lato verso l'Appia, orientata diversamente e forse in origine non comunicante con l'ipogeo principale. |
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